Manifesto

Così ad un certo punto, un giorno qualsiasi, abbiamo deciso di provare a dare un ordine. Un significato, una logica, un percorso narrativo. Almeno a livello di tentativo.

Ma un ordine a cosa? Alle prime memorie d’infanzia. Agli oratori, ai campi sperduti di provincia, ai cortili metropolitani. Ai tardi pomeriggi di domenica passati davanti a Novantesimo. Ai Tuttosport sbirciati al bar mentre si aspetta il cappuccino. A gioie e delusioni. A milioni di persone in piazza.

E pertanto ci siamo detti:

I) Perchè seguire il calcio?

Perché guardando una partita si può bere impunemente.
Perché sul campo ciò che è reale e razionale, come diceva Hegel.
Perché certi incontri ricordano nient’altro che l’Iliade.
Perché, per quanto possa non piacere ciò che accade su di un campo di calcio, al di fuori succede decisamente di peggio.
Perché la patata va e viene, il calcio invece non ti abbandona mai.
Perché troppo spesso cerchi di collocare nel tempo un evento in base al fatto che quell’anno ci fossero i Mondiali o gli Europei.
Perché il 13 maggio 2012 ero allo Juventus Stadium e quando Del Piero ha fatto il giro dello stadio mi sono venuti gli occhi lucidi.
Perché sa essere poesia.
Perché a volte la giornata non passa mai se sai che la sera c’è la Champions.
Perché è meglio un calcio al pallone che un calcio in culo.
Perché è meglio giocare al calciobalilla che a calciopoli.
Perché dai una palla a un essere umano di genere maschile e correrà dietro a quella palla.
Perché a scuola mi hanno insegnato che la distanza più breve tra due punti è una linea retta, ma io ho scoperto che se ci arrivi attraverso una fitta rete di passaggi il viaggio è molto più avvincente.
Perché un giorno d’estate del 1986 guardavo mio nonno guardare un Francia-Brasile in televisione e in quel momento ho capito che volevo trascorrere buona parte dei miei giorni a vedere cose come quella.
Perché sono anch’io soggiogato a quella naturale propensione che spinge l’uomo a rifugiarsi nelle rappresentazioni in scala ridotta dell’universo e delle sue leggi.

II) Perché scriverne?

Per esprimere l’eroismo di fondo che soggiace a qualunque gesto calcistico, anche i gesti più codardi, infami e perdenti, però insomma, tutto quello che a nostro insindacabile giudizio merita di essere storicizzato, anche se è successo l’altroieri, anche se andrà a far parte di una storia occulta e parallela che leggeremo solo noi.

III) Ricordate il mito di Tiresia?

Dunque, Tiresia, personaggio dell’antica Grecia, fu trasformato da uomo in donna dopo aver ucciso un serpente femmina che copulava. Passò così sette anni, provando i piaceri del sesso come donna. In seguito, dopo aver ucciso un serpente maschio, tornò ad essere uomo. Avvenne poi una disputa tra Zeus ed Era. Pomo della discordia consisteva nella scelta su chi provasse maggior godimento tra uomo e donna nell’atto dell’amore. Decisero pertanto di chiedere responso all’unico essere che avesse incarnato entrambe le condizioni, ovvero Tiresia. Ebbene, interpellato, così rispose:

Fatto dieci il piacere sessuale, l’uomo ne prova una parte. La donna, nove.

Ecco perché esiste il calcio.