Nel 1994 si giocarono i mondiali negli Stati Uniti ed il calcio italiano era ai vertici del mondo. Non li vincemmo quei mondiali, ma ci andammo molto vicino e comunque la nazionale in quegli anni era costantemente protagonista. Le squadre di club dominavano in quegli anni. I migliori giocatori venivano a giocare in Serie A. Le tattiche all’avanguardia passavano per i nostri stadi. Insomma, eravamo noi i re.
Ma, evento ancora più importante, nel novantaquattro alcuni di noi avevano diciassette anni. O sedici, o diciotto, in ogni caso l’età in cui ti senti re. E passi che nel contempo ti senti pure sfigato, anche perché se non ti senti sfigato a diciassette anni lo sarai di sicuro a trenta. In ogni caso, questa breve serie di articoli cercherà di viaggiare nella memoria. Lo farà attraverso le partite della nazionale in quel mondiale per noi storico ed attraverso vari eventi che, secondo un metro di giudizio personale, segnarono la nostra gioventù di quel periodo.
Italia – Eire e il Polo delle libertà
L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà.
Silvio Berlusconi, la discesa in campo del 26 gennaio 1994.
Ma và a cagare, và. Te e chi ti ha votato per vent’anni. Quando ci vuole… Il Polo delle libertà era l’alleanza tra berlusconiani, Lega nord ed post fascisti. Nelle settimane che precedettero le politiche del 1994 faticavo veramente ad immaginare chi potesse avere lo stomaco di votarlo. Più che lo stomaco, la follia. Al massimo i famigliari più stretti. Insomma, venivamo da Tangentopoli. Dalle stragi di mafia. Da una crisi economica devastante, e questo qui, Berlusconi, era il perfetto erede di chi aveva sinora governato. Il 27 marzo del 1994 ascoltavo su Radio Radicale una diretta di chiamate da casa nella quale gli ascoltatori potevano dichiarare il loro voto. A parte le ovvie preferenze per il Partito Radicale, o come si chiamava all’epoca, una buona parte indicava le forse di sinistra, il PDS e Rifondazione. Allora abbiamo vinto per davvero? Che figata.
Si sarebbe detto, in seguito, come un preciso blocco sociale avesse trovato in quell’occasione il proprio approdo politico. Si è a parlato a volontà della televisione quale unico e residuo canale di interpretazione della realtà diffuso tra le masse. Tutto giusto. E con ogni probabilità gli elementi essenziali della storia del Paese non sarebbero sostanzialmente mutati in caso di esito differente del voto. Il capitalismo mondiale non aspetta certo il responso delle urne per determinare i destini dei popoli. Proprio per la dirla tutta, poi, il primo governo Prodi del 1996, con la svendita delle aziende pubbliche e l’avvio del precariato, fu nei fatti molto più a destra del primo governo Berlusconi. Però il pomeriggio dei risultati, il 28 marzo 1994, scoprii un Paese che francamente non immaginavo. Che non immaginavamo. Nascosto ai nostri occhi ma tremendamente radicato nella stessa nostra terra. Benvenuti in Italia.
Andiamo all’altro choc. La nazionale fa il suo esordio nel mondiale contro l’Eire il 18 giugno del 1994. La nazionale di Baggio, di Baresi, di Maldini, ma più di tutto di Arrigo Sacchi. Ecco, tra fine ottanta ed inizio novanta, Sacchi era il calcio. Il guru, il maestro, venerato ma anche molto criticato. Le prospettive per l’Italia ai mondiali americani erano per lo meno incerte. Le potenzialità c’erano, ma nel contempo il gioco latitava ed il ct evidenziava parecchie incertezze sulla formazione titolare. Di sicuro non ci aspettavamo di prenderle già all’esordio, per di più contro una squadra valida e coriacea e poco di più.
Gli azzurri scendono in campo al Giants Stadium di New York con un 4-4-2. Pagliuca è in porta. La difesa è quella del Milan campione d’Europa, formata da Tassotti, Baresi, Costacurta e Maldini. A centrocampo operano Donadoni, Dino Baggio, Albertini ed Evani. In attacco ci sono Roberto Baggio e Signori. Nell’intervallo Massaro prenderà il posto di Evani, con Signori retrocesso sulla mediana. L’Italia parte davvero bene, controlla il gioco e si propone in velocità. Ma all’undicesimo l’Eire ci infila con un tiro da fuori. Pare solo un incidente di percorso, ed invece da lì in avanti non c’è molto altro da raccontare. Gli irlandesi, complice anche il gran caldo, cercano di addormentare il gioco. I nostri ci provano, offrono anche una buona prestazione, ma senza creare granché. Il tempo passa implacabile. L’insofferenza monta. E perdiamo.
Quell’estate, dopo i mondiali, andai a Dublino. Ogni volta che ci presentavamo come italiani con gente del posto, questi ci ricordavano con orgoglio la vittoria della loro squadra. La sera della partita, dicevano, tutti i pub della città erano pieni ed al fischio finale la festa era stata splendida. Subito dopo, però, aggiungevano che l’Italia era una gran squadra e che avrebbe meritato di vincere il titolo. Gli irlandesi sono un gran bel popolo.
Italia – Norvegia e il 25 aprile a Milano
Dopo il lancio del sasso nello stagno ecco la mano
tornare con in mano un’altra bomba
pronta per sfondare ogni luogo comune
per sfondare ogni porta e ogni volta
non è mai l’ultima volta
con il piede sull’acceleratore
con l’amaro in bocca
ma troppa, troppa incoscienza, troppo stomaco ci vogliono
per chiudere la bocca
Assalti frontali, Assalto frontale
Il 25 aprile del 1994 era passato meno di un mese dalla vittoria elettorale della destra. In occasione dell’anniversario della liberazione, il Manifesto fece appello ad una partecipazione in massa in nome dell’antifascismo. Da anni i cortei per la liberazione sembravano diventati la stanca ripetizione di un rito. Bene, quel giorno a Milano c’era il mondo. Un milione di persone si sarebbe detto, probabilmente esagerando ma poco importa. Sotto una pioggia incessante, tra impermeabili, ombrelli ed i chiodi alla Marlon Brando che andavano di moda.
Quante altre volte da allora l’abbiamo vissuto. Le bandiere rosse e le magliette con il Che. Bella ciao, e l’Internazionale, e Bandiera Rossa, e Che ne faremo delle camicie nere. I reduci dai lager in corteo. I combattenti partigiani accolti da due ali di folla con il pugno chiuso. Rifondazione Comunista e il Leoncavallo. La gioventù della nazione in marcia. Allora esiste il comunismo in Italia? Il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente? Sì. Benvenuti in Italia.
La partita con la Norvegia è un gran bel ricordo. Dopo la sconfitta iniziale dovevamo per forza vincere. Lo facciamo, ma in campo succede di tutto. La Norvegia era una buona squadra in quegli anni, molto fisica ma non solo, e noi la soffrivamo abbastanza. L’Italia comunque parte di nuovo bene, domina e crea parecchi pericoli. Però, per non rendere la situazione troppo facile, ed in quel mondiale sarebbe qualcosa di insolito, intorno al ventesimo gli azzurri sbagliano un fuorigioco e lasciano un avversario solo davanti alla porta. Pagliuca tocca con mano fuori area e viene espulso. Sembra un mondiale maledetto. Sacchi toglie l’immenso Roberto Baggio per inserire il secondo portiere, Marchegiani. Baggio inquadrato si chiede se sia impazzito, ma il ct ha alla fine avrà visto giusto.
Anche se in dieci, l’Italia fa la partita. Emergono su tutti Signori ed Albertini. Però non segniamo. Al quinto della ripresa poi l’immenso Baresi si fa male e deve lasciare il campo. Ma porca puttana, una che ci vada bene in sto mondiale non c’è. Potete quindi immaginare l’urlo di gioia e di liberazione quando al 69′ Dino Baggio infila di testa gli scandinavi. Finisce uno a zero una partita eroica ed in grado di offrirci sofferenza fino all’ultimo istante. Siamo ancora vivi.
Italia – Messico e Pulp Fiction
JULES What the fuck’s happening? VINCENT I just accidentally shot Marvin in the throat. JULES Why the fuck did you do that? VINCENT I didn’t mean to do it. I said it was an accident. JULES I’ve seen a lot of crazy-ass shit in my time. VINCENT Chill out, man, it was an accident, okay? You hit a bump or somethin’ and the gun went off. JULES The car didn’t hit no motherfuckin’ bump! VINCENT Look! I didn’t mean to shoot this son-ofa-bitch, the gun just went off, don’t ask me how!
Scena da Pulp Fiction di Quentin Tarantino.
Come questo film sia diventato un mito per la nostra generazione, di preciso non saprei dirlo. Era un film di gangster americani in giacca e cravatta. Di pugili venduti e pentiti. Di rapinatori da fast-food. Di eroinomani, cocainomani, sadici sodomizzatori, pusher, reduci dal Vietnam con orologi nel sedere e mister Wolf che di mestiere risolveva problemi. Ambientato in una Los Angeles sconvolta solo due anni prima dalla sua ultima rivolta urbana di massa. Dove la violenza pareva aspettarti, paziente quanto inesorabile, ad ogni incrocio e dietro ogni porta. Niente di più lontano dalla nostra vita quotidiana. E meno male.
Pulp Fiction uscì nel 1994 e vinse la Palma d’oro a Cannes. Di analisi su questa pellicola ne è pieno il web, per cui chi vuole approfondire ha pane per i suoi denti. Quello che posso dire è che il film, innanzitutto, ci faceva ridere. Inoltre, i personaggi non erano i soliti stereotipi hollywoodiani che ci avevano riempito la testa sin da piccoli e la trama non era scontata. Tanto per dire: Vincent e Mia non fanno sesso; Vincent, il protagonista, muore, ma nell’economia della storia è un fatto pressoché irrilevante; Jules termina il film con i suoi dilemmi tutt’altro che risolti. Poi, se posso ancora aggiungere: Pulp Fiction era uno spaccato della violenza e della sopraffazione nei rapporti sociali del mondo contemporaneo. Sempre pronti ad aspettarci ad ogni incrocio, seppur in altre forme. Imparare a difendersi con l’ironia non ci sembrò una cosa da poco.
Su Italia – Messico, terza partita del girone, non c’è tantissimo da dire. L’Italia nel primo tempo ripete un copione già visto, controllando il gioco ma senza riuscire a segnare. Passa in vantaggio subito all’inizio della ripresa con Massaro, appena entrato in campo. Sull’uno a zero si vede negare un rigore abbastanza netto su Dino Baggio. Poco dopo subisce il pareggio messicano. Ci sono altre occasioni per l’Italia, ma non vengono sfruttate. Roberto Baggio resta nuovamente a secco. Pertanto l’uno a uno finale non è ancora sufficiente per garantirci il passaggio della fase a gironi.
Infatti, tutte le squadre del girone dell’Italia terminano a quattro punti. Passano direttamente agli ottavi Irlanda e Messico (per gol segnati e scontri diretti). La nostra nazionale deve sperare nel ripescaggio fra la quattro migliori terze. Dunque ci devono essere almeno due, fra tutte le altre terze, messe peggio di noi: una è già al Corea del Sud; l’altra potrebbe essere il Camerun se, la sera stessa, non batte la Russia. Seguo con leggera apprensione questa partita, ma il Camerun non ci va neanche vicino a provare a vincere e ne prende sei. Così passiamo agli ottavi dove ci aspetta la Nigeria. Una squadra temibile e sino a quel momento la sorpresa della competizione.
Nella seconda parte dell’articolo iniziano le gare ad eliminazione diretta, ottavi e quarti. Più altre note sul periodo.
Articolo bello e simpatico!
Grazie!