Vinnie "Crazy Gang" Jones

Il calcio spiegato a Pjotr

Il pilot

Vedi Pjotr, tua mamma ancora spera che io ci rinunci e ti risparmi una vita di sofferenze, visto che hai solo un anno e mezzo. C’è da capirla, lei vorrebbe sempre il meglio per te. Io non sempre, o almeno non in questo caso.

Pjotr si crogiola nel suo attuale e apparentemente incrollabile sistema di valori che sta per essere brutalmente sostituito

Pjotr si crogiola nel suo attuale e apparentemente incrollabile sistema di valori che sta per essere brutalmente sostituito

Andiamo subito dritti al punto: io, tuo padre, ti imporrò il calcio, anche contro la tua volontà, con tutti i mezzi a mia disposizione, siano essi illegali, impropri, subliminali, coercitivi, ricattatori. Te lo imporrò con maggiore insistenza di quanto farò sicuramente anche con tutte le mie altre discutibili convinzioni. Esattamente come ogni pedagogo rispettabile sconsiglierebbe nel modo più assoluto.

Magari diverrai  un nuotatore provetto, ché il nuoto fa tanto bene. Magari passerai gli inverni al caldo di una palestra a tirare a canestro. Magari un giorno giocherai a pallavolo, avrai un visino pulito, farai volontariato e andrai in giro a dire che hai molti amici gay. Magari sarai uno di quei ruspanti e robusti giocatori di rugby che a fine partita vanno a bersi le birre cogli avversari altrettanto barbuti e hanno capito il vero spirito dello sport e conoscono il gusto pieno della vita.

O magari invece la meschina genetica prevarrà, come mi auguro.

Rincaro la dose: non solo ti obbligherò a giocare e a seguire il calcio in ogni sua forma, ma farò quanto in mio potere per non allevarti come un vero sportivo, di quelli che si riempiono la bocca definendosi amanti del bel calcio. Bensì proverò a forgiare un virulento tifoso, possibilmente della mia stessa squadra che è la Lazio.

In quel possibilmente c’è il più grande regalo che io possa pensare di farti, ovvero lasciarti inutilmente sperare in un’apertura democratica, ma tu vedi di non abusarne. Potresti credere che il mio sia solo l’egoismo ottuso di un genitore miserabile, di uno che ambisce a plasmare un piccolo clone di sé stesso anziché crescere un individuo equilibrato, in grado di seguire le sue passioni e i suoi sogni.

Botellón y revolución

Botellón y revolución

A quel punto dovrei chiederti dove l’hai sentita questa cazzata delle passioni. Non mi diventerai mica uno di quegli smidollati che cerca tantissimo di essere sé stesso?! Quando ci si mette in testa di seguire i propri sogni poi si finisce iscritti a Scienze della Comunicazione, saremmo a un passo dall’erasmus a Barcellona, dove magari a un botellòn ti innamori di una solare e un po’ pazza che balla la pizzica. Come genitore non potrei davvero tollerarlo, oltre che sostenerlo economicamente.

Ti spiego cosa ho imparato dal calcio giocato e da quello tifato.

Da quello giocato innanzitutto ho appreso a sopportare i soprusi da parte dei compagni di squadra e magari a rendere la pariglia sotto forma di tackle scivolato ad altezza ginocchi su un campo d’allenamento allagato. Ho imparato il vittimismo e l’autocommiserazione, a saper convivere (male) con le mie frustrazioni e le mie incapacità. Ho imparato a parlare precocemente a vanvera di meritocrazia, a sprecare le rare occasioni che mi si presentavano davanti, che non è vero che il sacrificio ti premia sempre e che col cazzo proprio che siamo tutti uguali. Ti pare poco come insegnamento? Beh aggiungici anche infortuni, intemperie e imbarazzo (una cosa che capirai appena ti chiederanno di calciare col sinistro, se hai preso un minimo da tuo padre). Sì, certo, lo spirito di squadra, la lealtà sportiva, la sana competitività bla bla bla.

Dal calcio tifato ho imparato a rosicare e a odiare per principio, a vedere grandi promesse tradite e progetti in cui credevo abbandonati a metà, a non saper né perdere né vincere con stile, a essere umorale, a sentirmi schiavo di passioni irrazionali e a volte perfino di istinti biasimevoli, a godere delle cadute altrui, a fingere di non morire dentro a ogni sconfitta, a vedere i miei idoli svenduti, le mie bandiere bruciate.

Cose che non avrei voluto sapere quando ho abbracciato la fede biancoceleste

Cose che non avrei voluto sapere quando ho abbracciato la fede biancoceleste

In particolare dal tifare Lazio ho imparato a sopportare umiliazioni da parte degli altri tifosi, a essere quello diverso, a vergognarmi più spesso di quanto avrei voluto di quelli che tifano e dirigono la mia stessa squadra, a volte anche di quelli che ci giocano. Ho imparato a rassegnarmi a una serie infinita di risultati mediocri mentre gli altri si esaltano di continuo per vittorie importanti, a vedere i miei sogni implodere già in fase di precampionato (metafora dell’adolescenza se vuoi), mi sono abituato allo svanire di traguardi all’ultimo minuto. Ma forse questo potresti impararlo meglio se diventassi interista. Soprattutto ho imparato che non esiste lezione più grande di sapersi consolare coll’ajetto.

Ora dunque sai perché lo faccio: il calcio ti prepara a sopravvivere alle asprezze di una vita normale.

Ma essere un tifoso laziale è meglio perché ti prepara ad affrontare una vita difficile.

Essere un tifoso laziale, per di più non residente a Roma, ti prepara anche a fornire spiegazioni surreali, quindi sviluppa enormemente la tua creatività.

Essere un tifoso laziale nelle Marche e pure schierato politicamente a sinistra (altro rospo che ti toccherà ingoiare se ci tieni a goderti un pur misero asse ereditario) ti prepara ad una ridda di opposti che non combaciano, incoerenze, nonsense, figuracce, ottimismi ricacciati in gola, delusioni che potevi evitarti e gran bestemmie su base settimanale.

Che poi è appunto la vita, figliolo.

Quindi ringrazio la redazione di Calcio Parziale perché mi dà la possibilità di iniziare a scrivere su queste prestigiose pagine a cadenza irregolare. Il Calcio Spiegato a Pjotr sarà un memorandum a puntate dei motivi per cui verrai costretto ad amare il calcio, un elenco delle gioie rare e e delle frequenti amarezze dell’essere un tifoso, un breviario delle piccole e grandi lezioni che il calcio, specchio della società, nuovo oppio dei popoli e altri insulsi luoghi comuni, mi ha saputo regalare. E avrà certamente il pregio della brevità rispetto a questa premessa insopportabilmente lunga.

Metto tutto per iscritto, Pjotr. Vedrai, almeno questo ti tornerà molto utile un giorno.

Share Button
6 commenti
  1. Volevo solo precisare che la notizia secondo la quale Enzo Palatella sarebbe il direttore di Calcio Parziale è priva di qualunque fondamento. So che lui gira con dei biglietti da visita col nostro logo e la scritta Direttore, però pensavo li usasse solo con le ragazzine. Tra l’altro credo sia stato anche radiato dall’albo dei giornalisti italiani, quindi anche solo la qualifica di pubblicista sarebbe eccessiva nei suoi confronti.

  2. mi ha detto che era direttore e che se qualcuno aveva da ridire qualcosa a riguardo lo avrebbe personalmente preso a calci in culo. io non lo so, vedetevela un po’ voialtri e magari mandatemi un organigramma aggiornato, oltre ai bonus concordati

Rispondi a Enzo Palatella Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>