Che il calcio italiano sia in declino è un fatto. Ci condanna il ranking UEFA, discutibile quanto si vuole ma che dà e toglie posti in Europa, ci condannano i risultati deludenti di squadre come la Juventus, cannibale in Italia e vegana in Europa, ma ancora di più ci condanna la visione di partite di altri campionati (vedi la recente Manchester City – Liverpool, roba da far vedere nelle scuole calcio un giorno sì e l’altro pure) e la tristezza di certi big match italiani che già all’intervallo ti penti di non essere andato al corso di pilates. Sono tutti segni – oggettivi e soggettivi – che non lasciano scampo e francamente risulta difficile sognare una squadra italiana che alza la coppa con le orecchie. Siamo troppo, troppo lontani dalle altre.
I perché di un declino
I motivi sono mille, ma in un modo o nell’altro si possono tutti ricondurre allo scarso potere d’acquisto delle società italiane. Non ci possiamo più permettere i top player, possiamo soltanto sperare di infilarci in qualche trattativa per giocatori di prima fascia caduti in disgrazia presso il proprio allenatore o presidente. Vedi i casi recenti di Balotelli, Tevez o Mario Gomez, giocatori di altissimo livello ma arrivati in Italia vuoi per disperazione delle società che vende, vuoi perché per le squadre di provenienza erano ormai diventati panchinari di lusso. Poi c’è il problema che da noi gli sceicchi non vengono – ma questo non è detto che sia un male.
I numeri non mentono mai
La logica, in questi casi, consiglierebbe di riconoscere il declino e cercare di agire di conseguenza. Puntare ai giovani, ad esempio. In fondo Francia (prima dell’avvento delle corazzate PSG e Monaco) e Germania hanno fatto esattamente questo. In Italia, ovviamente, è tutto diverso.
Facciamo un gioco. Prendiamo i 5 maggiori campionati europei, selezioniamo per ognuno le 5 squadre che occupano le prime posizioni delle rispettive classifiche e consideriamo soltanto i calciatori che hanno giocato almeno un terzo dei minuti giocati finora. Ne ricaviamo una rosa dei titolari allargata, comprendente tutti i giocatori rilevanti delle squadre. Per ognuna di queste rose, calcoliamo l’età media. Ecco cosa viene fuori:
Pos | Squadra | Età media |
---|---|---|
1 |
Bayer Leverkusen |
25.06 |
2 |
Borussia Monchengladbach |
25.08 |
3 |
Borussia Dortmund |
25.21 |
4 |
PSG |
25.82 |
5 |
Liverpool |
25.86 |
6 |
Wolfsburg |
25.86 |
7 |
Real Sociedad |
26.05 |
8 |
Monaco |
26.14 |
9 |
Saint-Étienne |
26.26 |
10 |
Arsenal |
26.53 |
11 |
Real Madrid |
26.53 |
12 |
Barcellona |
26.62 |
13 |
Bordeaux |
26.69 |
14 |
Atl. Bilbao |
26.92 |
15 |
Bayern |
27.14 |
16 |
Atl. Madrid |
27.23 |
17 |
Lille |
27.25 |
18 |
Roma |
27.35 |
19 |
Manchester City |
27.42 |
20 |
Napoli |
27.5 |
21 |
Chelsea |
27.64 |
22 |
Everton |
27.84 |
23 |
Juventus |
28.07 |
24 |
Verona |
28.46 |
25 |
Fiorentina |
28.5 |
La squadra italiana più giovane è la Roma, che si piazza al 18° posto. Segue il Napoli, 20°, e chiudono la classifica Juventus, Verona e Fiorentina. Viene da sè che non ci facciamo una bella figura anche a livello nazionale: la Bundesliga è il campionato più verde con una media di 25.67 anni. Seguono Francia (26.43), Spagna (26.67), Inghilterra (27.05) e – finalmente – Italia (27.97), mediamente più vecchia di quasi 2 anni e mezzo della sbarazzina Germania.
Non basta? Andiamo ancora più in profondità e prendiamo gli under 21 che giocano regolarmente. In Germania sono 12, così come in Francia. In Spagna sono 8, in Inghilterra 6 e in Italia soltanto 3: Pogba, Iturbe e Dodo. Nessuno dei 3 italiano, per giunta. In compenso, se prendiamo in considerazione gli over 30, comandiamo ampiamente con 22 giocatori, a fronte dei 19 di Francia e Inghilterra, 18 della Spagna e 12 della Germania.
Ancora un indizio? 18 giugno 2013, finale degli Europei under 21. La Spagna batte nettamente l’Italia per 4-2.
Tra i giocatori scesi in campo quel pomeriggio a Gerusalemme con la maglia azzurra oggi 5 giocano all’estero (Caldirola, Donati, Verratti, Rossi e Borini), 4 in squadre italiane di seconda fascia (Bardi, Regini, Immobile e Gabbiadini), 2 in serie B (Bianchetti e Crimi) e solo 3 in squadre di prima fascia, 2 con un minutaggio importante (Insigne e Florenzi), il terzo – Saponara – è stato invece impiegato da Allegri per la bellezza di 99 minuti. Vediamo la Spagna, adesso. Solo in due giocano all’estero: Thiago Alcantara e Rodrigo, ma in squadre di livello europeo come Bayern (fresco campione del mondo con secondo gol di Alcantara) e Benfica. Bartra, Montoya e Tello sono al Barca, Ilarramendi, Isco e Morata al Real. De Gea è portiere titolare del Manchester Utd, e gli altri (Inigo Martinez, Alberto Moreno, Koke, Muniain e Camacho) sono quasi tutti titolari nelle rispettive formazioni di Liga (rispettivamente Real Sociedad, Siviglia, Atletico Madrid, Atletico Bilbao e Malaga).
Gilardino titolare!
Che conclusioni trarne? Che bisognerebbe far fuori tutti i vecchi del calcio italiano? Pensionare gente come Totti, Toni e Buffon? Certo che no. Ma che questi nomi siano così impossibili da rimpiazzare, bè, questa non è esattamente una buona notizia. Perché il dubbio viene: l’Italia non riesce più a produrre talenti al ritmo delle altre nazioni oppure spreca il potenziale dei giovani promettenti che con il tempo si trasformano in giocatori mediocri? L’impressione è che all’estero i giovani vengano presi maggiormente sul serio: sei giovane e promettente? Ti tengo in squadra, dove puoi allenarti con i campioni e crescere tecnicamente e caratterialmente. In Italia invece i giovani – anche quelli di proprietà dei top team – sono spesso utilizzati come pedine di scambio oppure vengono costantemente mandati a “maturare” in prestito in squadre di basso livello dove tendono ad uniformarsi al grigiore generale. E viene da chiedersi se talenti come Berardi – al Sassuolo in prestito dalla Juventus – avranno mai la possibilità di lasciare il segno in Champions.
Ma va tutto bene, in fondo è giusto che Gilardino rischi di essere il nostro attaccante titolare in Brasile. In fondo il calcio non fa altro che rispecchiare altri aspetti di un paese dove la gerontocrazia è la regola.
Buongiorno. Sono Mirco di Leinì. Volevo dire che vi seguo da molti anni e vi volevo fare i complimenti del vostro lavoro. Mi volevo inserire in questi bibattito molto interessante dei giovani contro i vecchi, e volevo portare l’esempio nella persona di mio figlio, Gaetano di Leinì, il quale milita nella categoria esordienti della compagine Eureka di Settimo Torinese. A questo proposito io non capisco com’è possibile che mio figlio non lo fanno giocare perchè dicono che è basso. Noi è vero che di famiglia siamo tutti bassi però secondo me lo potevano mettere in un ruolo da basso, come mezzala sinistra per esempio. L’allenatore Percuoco sostiene però che nel calcio moderno la mezzala non usa più. Io volevo chiedere un vostro parere su questo fatto e chiedervi se potevate mettere una parola buona con il mister Percuoco perché fa giocare un po’ anche mio figlio. Altrimenti è inutile che dite che i giovani non giocano se poi non mettete le buone parole. Inoltre volevo anche richiedere se è possibile ascoltare il brano “Perdere l’amore” di Ranieri Massimo.