Stabilmente nella liste della dieci migliori partite di sempre. La più grande partita nella storia dei mondiali, o la più bella, o la più importante. Per Jonathan Wilson, autore di La piramide rovesciata è probabilmente la migliore, avvicinabile solo da Ungheria – Uruguay del ’54. Anche il sito web four dimensional football la pone al vertice. Quando Italia e Brasile si incontrano al mondiale, una delle due vince il titolo: è successo già nel ’38 e nel ’70, accadrà ancora nel ’94. Il 1978 non conta, la finale per il terzo è poco più che un’amichevole.
Partita entrata nel mito. Gli spalti del vecchio Sarria, ora abbattuto e scomparso, gremiti oltre ogni limite; il caldo; la luce del tardo pomeriggio; il colore dei tifosi brasiliani, in maggioranza, inframmezzati dai tricolori italiani.
Due grandi squadre
In campo un Brasile stratosferico e dunque, per voce unanime, lanciato verso il titolo: la classe cristallina di Zico; l’intelligenza dell’indimenticabile Socrates, uomo prima che calciatore, e chi l’ha visto giocare può immaginare che uomo sia stato; e poi ancora Falcao, Cerezo, Junior, Eder. Una squadra votata all’attacco, nelle intenzioni dell’allenatore Telè Santana. Calcio samba. Giocolieri del pallone, ma anche velocità di esecuzione, scambi, corsa. Secondo alcuni il Brasile più grande di sempre, possibile, discutibile. Alcune pecche c’erano: la difesa lasciava troppi spazi al contrattacco, avevano un centravanti (Serginho) ed un portiere (Valdir Peres) non eccelsi. Comunque, difetti ampiamente coperti dai pregi.
Di fronte un’Italia alla quale, all’inizio, non crede quasi nessuno, ancor meno dopo il girone eliminatorio piuttosto deludente. Poi batte l’Argentina campione del mondo, e acquista fiducia. Poi sarà addirittura mundial. Non ancora ritenuti straordinari, quel pomeriggio a Barcellona prima del fischio di inizio, ma lo diventeranno a breve. Zoff, portiere enorme; una difesa di valore storico con Gentile, e soprattutto Scirea e Cabrini, uomini in grado di giocare la palla ovunque. La classe di Conti ed Antognoni a centrocampo, e ancora Tardelli, moderno centrocampista di rottura e di proposizione. Paolo Rossi, che esplode quel giorno.
Sul campo del Sarria
L’incontro che cambia la storia del calcio parte a favore dell’Italia. Conti dribbla anche sé stesso, svaria d’esterno sulla fascia opposta per Cabrini, che crossa ancora sul lato opposto dove Rossi infila di testa.
L’uno a uno del Brasile, dopo una decina di minuti, è un capolavoro di Socrates in coppia con Zico. Pare ci siano solo loro in campo. Socrates parte dalla propria trequarti, triangola con Zico, entra in area sulla destra ed infila Zoff a fil di palo, nell’unico pertugio in cui la palla potrebbe passare. Socrates pare stia entrando in un teatro invece che correre sul campo di football, talmente è leggiadro il suo stile. Sbuffo del gesso sulla linea di porta mentre la palla rotola dentro. Al Brasile basta un pareggio per approdare in semifinale grazie alla migliore differenza reti. E’ infatti un gironcino all’italiana a tre quello previsto per la seconda fase del mondiale, passa la prima e va in semifinale. Formula mai vista prima, né mai riproposta dopo.
Ed invece alla metà del primo tempo, nuova svolta: su disimpegno errato di Cerezo, Paolo Rossi, di rapina e con un tiro magistrale, porta avanti nuovamente l’Italia.
Secondo tempo, il mito
Secondo tempo inoltrato. Azione di Junior, per Falcao, scatto di Cerezo sulla sinistra, finta del romanista che disorienta completamente i difensori, tiro incrociato a fil di palo, imprendibile. Gran bel gol anche questo, niente da dire. Falcao corre a braccia aperte verso la sua panchina, gioia pura poiché per il Brasile pare fatta.
Al Brasile basta un pari. I telecronisti brasiliani, scampato il pericolo, iniziano a parlare addirittura di vittoria. Pare in quel momento che l’atmosfera diventi quasi irreale, come se stesse per accadere qualcosa che dà una sterzata alla storia del gioco. Mi rendo conto che è una mia sensazione costruita esclusivamente a posteriori, anche perché all’epoca avevo cinque anni. Ma accade.
Vulgata comune vuole che il Brasile perda perché votato all’attacco per natura. Esagerato. L’Italia infatti segna su calcio d’angolo, non in contropiede. Il Brasile perde perché le squadre in campo giocano sino alla fine. Il Brasile perde perché l’Italia vince. Ma quello che avviene è comunque inimmaginabile e mette le fondamenta al mito. Sugli sviluppi dell’angolo, tira Tardelli, Rossi, lasciato solo, devia la palla in rete. I cronisti brasiliani restano zitti per un paio di secondi lunghi come ere, cercate il filmato. Martellini, telecronista italiano, urla addirittura pareggio. I cronisti non se l’aspettano, ok, ma non è solo questo: è che non lo comprendono; non realizzano immediatamente l’impatto di quel gol, non possono. Certi eventi si comprendono con il tempo.
L’Italia va a vincere. Tre a due, ormai è andata. La forza per recuperare non l’avrebbe neanche il Brasile più forte di sempre, qualunque sia, questo, uno del passato, uno del futuro. L’Italia segna anche il quarto con Antognoni, ma l’arbitro annulla per un fuorigioco che non c’è. L’ultimo scatto del leone morente è un colpo di testa di Paulo Isidoro salvato sulla linea da Zoff. Chiuso, l’Italia corre verso il suo terzo titolo mondiale. Nella sfida storica tra le due scuole, nuovo passo avanti degli azzurri, dopo la semifinale del 1938, due a uno per l’Italia, e la finale del 1970, quattro a uno per loro. Poi pareggeranno il conto.
Per la storia
Secondo Wilson, questa partita ha cambiato il calcio. Concordo. Per Zico l’ha rovinato, ma è un parere non molto obiettivo. Il sistema, l’organizzazione del gioco sorpassano il talento. Lo rendono inutilizzabile. Non basta mettere in campo un gruppo di fenomeni (che, in ogni caso, bisogna saper gestire, come il Brasile del ’70). Dal 5 luglio 1982 il calcio non è più solo, o soprattutto, la somma del valore individuale dei singoli. E’ un’idea che non sarà più possibile mettere in pratica, salvo sporadiche occasioni, ma mai a questo livello del gioco. I talenti brasiliani, superiori singolarmente agli italiani, escono sconfitti dall’Italia, in campo, giocando a calcio. E non c’è che dire, meritatamente. Il Brasile lo capirà, col tempo, e costruirà altri due titoli sull’organizzazione che sorregge e cementa il talento.
5 luglio 1982, Barcelona, Estadio Sarria – Arbitro: Klein (Israele) | |
Italia 3 | Brasile 2 |
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Zoff (c) | Valdir Perez |
Gentile | Leandro |
Cabrini | Oscar |
Collovati 34′ Bergomi | Luizinho |
Scirea | Junior |
Tardelli 76′ Marini | Cerezo |
Antognoni | Zico |
Oriali | Falcao 68′ |
Conti | Serginho 71′ Paulo Isidoro |
Rossi 8′ 25′ 74′ | Socrates (c) 12′ |
Graziani | Eder |
All. Bearzot | All. Santana |
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