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Paisà contro.
Italia – Argentina ai mondiali (1986)

Quarta tappa del nostro percorso attraverso le sfide mondiali tra Italia ed Argentina. Siamo in Messico nel 1986 e le due nazionali si affrontano nel corso della prima fase a gironi. Un edizione della coppa del mondo memorabile per i cugini d’oltreoceano. Un po’ meno per noi.

MONDIALI ’86: ANCORA UN PASSAGGIO DI CONSEGNE

Quattro anni prima l’Argentina campione in carica passava idealmente il titolo all’Italia nella partita di Barcellona. Nel 1986 avviene il contrario. L’Argentina porta a casa il suo secondo titolo mondiale, in appena otto anni, condotta per mano da un Maradona superlativo. La stella del Napoli marca la competizione con il proprio nome come mai nessuno fatto. Forse solo Garrincha nel ’62.

Gli albiceleste chiudono la prima fase del mondiale al primo posto del proprio gruppo. Battono l’Uruguay agli ottavi, poi incrociano l’Inghilterra ai quarti, in una sfida storica. In semifinale sconfiggono il Belgio due a zero, mentre in finale li attende la Germania occidentale. La partita è avvincente. L’Argentina la domina per gran parte, portandosi sul due a zero. Poi, in pochi minuti, i tedeschi pareggiano. A due minuti dalla fine, con la Germania galvanizzata e sbilanciata in avanti, Maradona lancia in contropiede Burruchaga, che infila il definitivo tre a due.

Maradona e la coppa - fonte historicalwallpapers.blogspot.it

Maradona e la coppa – fonte historicalwallpapers.blogspot.it

E gli azzurri? Mentre Maradona alza la coppa, i giocatori italiani si sono già da tempo accomodati sugli sdrai di Milano Marittima, all’epoca loro meta balneare preferita. L’Italia passa il girone iniziale come seconda ed incrocia la Francia, campione d’Europa, agli ottavi. Sarà poi ricordata come l’antipasto della memorabile rivalità fra le due squadre a cavallo del secolo. Fin lì non eccezionali, i transalpini di Platini ci rifilano un gol per tempo. La partita è quasi mai in discussione e segna la fine della carriera di Bearzot come ct azzurro, dopo un decennio nel complesso meraviglioso.

LA NUOVA ARGENTINA DI BILARDO

Il giorno della sfida con gli argentini, sulle pagine di Repubblica Brera avvisa gli azzurri:

Ahimè, non è più l’ Argentina dissennata e presuntuosa di Cesar Menotti: Bilardo le ha dato una mentalità nuova, nuovissima, infinitamente più pratica. Difficile che i vizi ereditari le saltino fuori proprio oggi. Bilardo si è accorto che segnare è importante ma ancor più importante non lasciar segnare.

Dopo i mondiali di Spagna, infatti, l’Argentina è stata affidata a Carlos Bilardo: carriera da calciatore nell’Estudiantes di Zubeldia, suo maestro, e laurea in medicina. La svolta calcistica è netta. Bilardo sviluppa un gioco decisamente più difensivo rispetto a Menotti, più chiuso ed arcigno. Bada poco allo spettacolo, cerca di adattare la squadra all’avversario, esaspera il tatticismo, punta all’utilitarismo. Per Bilardo, sette giocatori essenzialmente difendono. Riceve molte critiche dal suo predecessore e dalla stampa argentina, reo, a loro parere, di tradire la tradizione nazionale del bel calcio (spesso sconfitto, ma questo non lo aggiungono).

Bilardo - fonte carlosbilardo.blogspot.it

Bilardo – fonte carlosbilardo.blogspot.it

I due personaggi sono agli antipodi. Affascinante, elegante, colto, progressista, comunista, Luis Cesar Menotti, una sorta di playboy da Costa Azzurra. Bilardo, invece, con i suoi trascorsi nel cattivissimo Estudiantes, è bruttarello, anonimo, pare un po’ la versione allungata di Alvaro Vitali. Non solo. La contesa fra menottismo e bilardismo diventa da allora un paradigma. Offensivismo contro difensivismo. Spettacolo contro ricerca del risultato. Per gli argentini, la nuestra contro l’antifutbol, che in breve possiamo tradurre con calcio totale vs. catenaccio.  Menotti, però, vince un mondiale sotto una dittatura, Bilardo sotto una democrazia, per quanto labile. Paradossi del calcio. Oppure no.

L’Argentina raggiunge il titolo giocando con uno schema 3-5-2. Tre difensori centrali, con il libero, e marcature di norma a uomo. Il libero dovrebbe essere Passarella, ma un’ulcera al colon lo mette fuori gioco per tutta la competizione. Viene sostituito da Brown, difensore vecchio stile, che gioca un ottimo mondiale e segna anche nella finale. Gli esterni di centrocampo, più che ali, sono terzini, che in fase di copertura completano il reparto difensivo. Decisivo sarà nel corso del mondiale il pacchetto di centrocampo formato da Batista, collante tra mediana e difesa, Burruchaga e Giusti. Maradona gode di grande libertà nell’Argentina di Bilardo, tra il classico dieci e la seconda punta. L’altro attaccante è Valdano, ottimo giocatore, ora quasi più noto come scrittore ed intellettuale. I suoi nonni erano di Fontanetto Po, provincia di Vercelli, più o meno la zona da cui provengo.

Bilardo ha provato il 3-5-2 nel 1984, nel corso di una turnè in Europa. L’Argentina va alla grande, batte Svizzera, Belgio e Germania, fa sette gol e ne prende solo uno. Poi però cambia in diverse occasioni, sino ai mondiali, a dimostrazione della duttilità tattica dell’allenatore argentino. La seleccion arriva in Messico senza suscitare grandi entusiasmi, sconfitta da Francia e Norvegia nei mesi precedenti. Bilardo è attaccato dai giornalisti come Bearzot quattro anni prima.

Gioca sino agli ottavi con un 4-4-2, molto all’italiana, con il libero. Dal quarto di finale contro gli inglesi si affida si affida al 3-5-2, che non lascia più. Ecco la formazione che il 29 giugno 1986 incrocia la Germania Ovest per il titolo:

UN VUOTO GENERAZIONALE

Più volte Bearzot è stato accusato di aver privilegiato in Messico i reduci di Spagna ’82, per riconoscenza, affetto, o quant’altro, e di aver raccolto per tale motivo una magra figura. È anche vero, ma solo in parte. Il calcio azzurro mostra in quegli anni un vero e proprio passaggio a vuoto, una mancanza di particolari talenti. In breve, i migliori sono troppo vecchi, oppure ancora troppo giovani. Ma vediamo la squadra ruolo per ruolo.

Portiere, e primo problema piuttosto grosso: fino all’ultimo la preferenza del ct si dibatte tra Galli e Tancredi. Sceglie alla fine il primo, ma la tensione accumulata gli farà giocare un mondiale molto incerto. Probabilmente il migliore al momento era già il giovane Zenga. Fra i difensori troviamo: Scirea, abbastanza agli sgoccioli; Cabrini e Collovati, i quali hanno già dato il meglio in precedenza; poi Vierchowod e Bergomi. Il centrocampo risulta un po’ il tallone d’Achille della squadra. Bagni, Giuseppe Baresi, Di Gennaro, De Napoli sono buoni giocatori, niente di più. C’è ancora Conti, anch’egli in fase calante. A volte è sostituito dall’astro nascente Vialli, che Bearzot vede bene per l’appunto come tornante. In attacco, Galderisi non rende molto, ma non ha valide alternative. Altobelli invece gioca uno splendido mondiale. Chiude la competizione con quattro gol, oltre ad un rigore sbagliato ed un’autorete procurata. Tutte le reti azzurre sono sue.

Alessandro Altobelli - fonte lesanciensjoueursdefoot.blogspot.it

Alessandro Altobelli – fonte lesanciensjoueursdefoot.blogspot.it

Il quadriennio ’82 – ’86 è trascorso in sordina, senza evidenziare alcunché di interessante. L’Italia ha saltato gli europei del 1984, dopo aver giocato un girone di qualificazione disastroso (una sola vittoria, contro Cipro in casa). Quale detentrice del titolo, va direttamente ai mondiali messicani. L’unico squarcio di luce è rappresentato dall’Under 21 guidata da Vicini. Vicecampione d’Europa nel 1986, mostra un bel gioco e soprattutto una nidiata di giocatori molto promettente.

PAREGGIO COMODO PER ENTRAMBE

Un articolo di Bettega, l’eroe di Baires ’78, su La Stampa del giorno stesso, titola: odore di pareggio. Sono in molti alla vigilia a vedere la divisione della posta in palio come cosa utile per entrambe le squadre contendenti. Agli ottavi infatti sarebbero passate le prime due di ogni girone, più le quattro migliori terze. Le altre due squadre del gruppo, Bulgaria e Corea del Sud, non sono granché. Ricordiamo inoltre che all’epoca la vittoria valeva ancora due punti anziché gli attuali tre. Un pareggio conveniva più di adesso. Si parlò in seguito di una sorta di accordo, tacito o meno, fra le squadre. Possibile, probabile, più che altro normale.

L’Italia campione in carica ha aperto il mondiale pareggiando con la Bulgaria. Ha fatto nel complesso una buona impressione, ha sprecato parecchie occasioni e si è fatta raggiungere sull’uno a uno nel finale. L’Argentina ha esordito battendo la Corea del Sud. Pertanto, il 5 giugno 1986, a Puebla, incontriamo di nuovo i cari argentini. L’Italia scende in campo con Galli in porta, Bergomi, Vierchowod, Scirea (libero) e Cabrini in difesa; a centrocampo Conti, Bagni, De Napoli e Di Gennaro, avanzato dietro le punte, che sono Galderisi ed Altobelli. Speculare l’Argentina: il portiere è Pumpido; difensori Cuciuffo, Ruggeri, Brown e Garre; poi Giusti, Batista, Burruchaga a centrocampo, più Maradona avanzato; in avanti, Borghi e Valdano. Bagni marca a uomo il suo compagno di club Maradona.

Il gol del pareggio - fonte whoateallthepies.tv

Il gol del pareggio – fonte whoateallthepies.tv

Non c’è tantissimo da raccontare della partita. L’Italia parte bene a va in vantaggio dopo pochi minuti. Conti, in area sulla destra, prova a saltare Batista ma viene fermato. Il pallone giunge a Burruchaga, lì a pochi metri, e gli sbatte sul braccio, un po’ largo ma neanche tanto. L’arbitro fischia il rigore. Vabbè, grazie. Altobelli realizza. Poi l’Argentina, guidata soprattutto da Maradona, preme gli azzurri, che si chiudono in difesa troppo e troppo presto. Al trentaquattresimo raggiungono così il meritato pareggio. Valdano alza a campanile per Maradona in area, che supera nettamente sullo slancio Scirea e infila Galli, immobile. Tocca il pallone come un tennista piazza una volee. Galli sarà incolpato per le rete subita, ma rivedendo l’azione credo sia più che altro merito di Maradona. Il primo tempo si chiude con una grossa occasione sprecata da Valdano, solo, di testa, davanti alla porta italiana.

La ripresa se ne va senza troppi scossoni. L’Argentina controlla abbastanza agevolmente, ma non si scopre e non crea eccessivi pericoli alla porta italiana C’è un palo di Conti, uno di quelli che ci crede di più, tanto che si lascia andare ad un gesto di stizza quando viene sostituito. Dalla metà del secondo tempo le squadre sembrano realmente accontentarsi del pari, tanto che escono tra i fischi del pubblico. Disappunto pure comprensibile, ma magari era il caso di fischiare un regolamento che li istigava, i pareggi.

Come detto, l’Argentina va poi a vincere il mondiale; l’Italia, dopo aver battuto la Corea del Sud, esce agli ottavi. Bearzot si dimette e la carica di selezionatore della nazionale viene affidata ad Azeglio Vicini. Anch’egli, come chi l’ha proceduto, proviene dall’ambiente federale, nel quale lavora da quasi trent’anni.

In ogni caso, la sconfitta non lascia particolari strascichi o polemiche. Da una parte, la vittoria del mondiale ’82 produce ancora il suo effetto benefico. Dall’altra, con ogni probabilità, i limiti della squadra sono parsi palesi ed oggettivi. Più di tutto, già si stagliano all’orizzonte i contorni del mondiale casalingo del 1990, sin da allora l’obiettivo dichiarato del movimento calcistico nazionale. Ed ancora una volta sarà Italia-Argentina.

05.06.86  (12.00) Puebla, Estadio Cuauhtemoc
Argentina-Italia 1-1
Reti: 0:1 Altobelli rig. (7), 1:1 Maradona (34)
Argentina: Pumpido, Cuciuffo, Ruggeri, Brown, Garre, Giusti, Batista (50 Olarticoechea), Burruchaga, Maradona (c) Borghi (75 Enrique), Valdano
Italia: Galli, Bergomi, Vierchowod, Scirea (c), Cabrini, Conti (87 Vialli), Bagni, De Napoli (65 G. Baresi), Di Gennaro, Galderisi, Altobelli
Arbitro: Keizer (Olanda)

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Un commento
  1. Pingback: Calcio Parziale | Paisà contro. Italia – Argentina ai mondiali (1990)

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