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Speciale mercato invernale:
3 trasferimenti tristi

La seconda e ultima puntata del nostro speciale calciomercato è dedicata a quei trasferimenti che assomigliano molto a dei prepensionamenti. Se la vostra squadra non si è mossa sul mercato, potete almeno consolarvi col fatto che non ha comprato nessuno di loro:

Alexander Hleb (Bate Borisov – Konyaspor)

Vado alla grande

Vado alla grande – Fonte: Wikipedia

Dicono che il suo dribbling fulminante fosse dovuto ai suoi trascorsi infantili di ginnasta nella Bielorussia post sovietica. Di certo anelli e parallele avranno avuto un ruolo importante nel bilanciamento del suo baricentro bassissimo, sta di fatto che per una buona metà della sua carriera Alexander Hleb è stato un centrocampista imprendibile, imprevedibile e tatticamente prezioso. Spesso impiegato come ala sinistra, non disdegnava di agire da ufficiale di collegamento tra attacco e centrocampo, suggerendo giocate discrete ma sempre propositive. Gli veniva rimproverato un altruismo eccessivo che lo portava a indulgere in un passaggio di troppo quando invece era ora di concludere, ma alla luce della sua situazione attuale possiamo dire che quello sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi.

Quando nel 2008 si trasferisce al Barcellona, l’affezionatissimo pubblico dei Gunners non vorrebbe lasciarlo partire. Ma alla fine sarà proprio lui a rimpiangere più di chiunque altro quel trasferimento avventato. A Barcellona scende raramente in campo e si laurea vincitore involontario di una Champions League che non lo vede esattamente protagonista:

Se avessi saputo come sarebbe andata avrei rifiutato il trasferimento. È stata colpa mia se ho lasciato l’Arsenal. Sì, ho vinto la Champions League ma non ho giocato molto e ho perso la forma e un po’ anche la fiducia in me stesso.

Nel 2009-10 stava per finire in mezzo allo scambio Eto’o – Ibrahimovic, ma ha preferito rifiutare il trasferimento all’Inter del triplete in favore di un prestito allo Stoccarda.

Al suo ritorno il Barcellona non sa che farsene. Lui vorrebbe disperatamente tornare all’Arsenal ma Wenger non è in vena di rimpatriate. Finisce al Birmingham, poi al Wolfsburg e da lì in avanti è una discesa negli abissi dell’impronunciabilità: Pfk Kryl’ja Sovetov Samara, il ritorno al Bate Borisov, e poche settimane fa l’annuncio del trasferimento al Konyaspor, campionato turco, ultima tappa di una girandola di contratti firmati e rescissi nel giro di pochi mesi.

Jonathan Reis (Vitesse – Bahia)

Jonathan Reis ai tempi del PSV - Fonte: Wikipedia

Attaccante brasiliano dalle ginocchia fragili, veloce, infallibile sotto rete, esploso nel PSV Eindhoven… Il penultimo che ha corrisposto alla descrizione si chiamava Ronaldo Luís Nazário de Lima. L’ultimo, invece,  si chiama Jonathan Reis e se col fenomeno ha parecchie cose in comune, una di queste non è di sicuro la carriera gloriosa.

A soli 24 anni, la vita di Reis sembra già quella di una rockstar sul viale del tramonto. Nel 2010 viene licenziato dal PSV per avere fatto uso di cocaina. Ma due anni prima aveva già messo a dura prova la proverbiale larghezza di vedute olandese per essersi rifratturato il piede sinistro a causa di un’arbitraria e prematura rimozione del gesso dopo un infortunio.

Non contento, provoca allenatore e dirigenza rientrando in ritardo da un viaggio in Brasile. Quando emergono i problemi con gli stupefacenti, il PSV offre un percorso di riabilitazione ma lui rifiuta.

Il suo vecchio allenatore, Huub Stevens, sembrava avere già capito tutto prima del tempo:

Tutti meritano una possibilità, compreso Jonathan. Ma devo dire che lui ha chiuso la porta. Mi domando se cercherà mai la chiave.

La storia sembra a lieto fine. Nel luglio 2010, il PSV decide di offrirgli un contratto annuale con opzione di rinnovo. Lui coglie l’occasione e comincia a segnare con una costanza e una facilità da centravanti predestinato ma a dicembre si distrugge un ginocchio contro la schiena di Przemysław Tytoń, all’epoca portiere del Roda JC.

Il contratto col PSV scade e non viene rinnovato.

L’ennesima occasione di rinascita sembra offerta dal Vitesse, che lo ingaggia nel dicembre 2011. Con l’ivoriano Wilfried Bony (oggi in Premier League allo Swansea), va a formare una coppia d’attacco ammirevole. Segna sette gol nella stagione 2012/13, si guadagna il rinnovo del contratto ma infortuni e tensioni autodistruttive tornano a tormentarlo fino all’inevitabile rescissione (il giorno del suo ritorno ad Eindohoven con la maglia del Vitesse, i suoi vecchi tifosi infieriscono accogliendolo con un fitto lancio di bustine di zucchero, in riferimento ai suoi problemi con la cocaina).

Segue il prevedibile ritorno in Brasile: all’inizio di gennaio l’Esporte Clube Bahia ne annuncia l’ingaggio ma è di pochi giorni fa la notizia della rescissione avvenuta senza dare spiegazioni e senza avere disputato nemmeno una partita.

Jermain Defoe (Tottenham Hotspur – Toronto FC)

Defoe sfugge a Rami - Fonte: WikipediaAi tempi della coppia Shearer-Sheringam, era difficile trovare uno stopper di buon umore alla vigilia di una partita contro l’Inghilterra. Dopo di loro, invece, sembra essere calata una maledizione sulla nazionale inglese, vittima di una spuntatezza ormai proverbiale, al punto da compromettere qualunque realistica ambizione di vittoria di una manifestazione internazionale.

Certo l’avvento di Wayne Rooney era stato salutato come la fine dell’incantesimo, ma nessun selezionatore è mai stato in grado di trovare un attaccante di servizio da affiancargli. A Rooney è sempre mancato il suo Teddy Sheringam, tanto per capirci.

Nel 2004 è toccato a Michael Owen (agli inizi del suo lungo e interminabile declino) e a Darius Vassell (che sbaglierà il rigore decisivo nell’epico quarto di finale contro il Portogallo). Dopo di loro ci hanno provato con alterne fortune Peter Crouch, Theo Walcott, Gabriel Agbonlahor, Darren Bent, Andy Carroll (la sua inclusione nella lista dovrebbe bastare a farvi capire come è andata a finire). Ma una delle speranze più legittime sembrava essere quella riposta in Jermain Defoe.

Il giovane attaccante d’area piccola cresciuto nelle giovanili del West Ham,  con la sua velocità e la sua mobilità sul fronte d’attacco sembrava essere finalmente l’uomo giusto.  Sven-Göran Eriksson sembrava convinto del suo potenziale,  ma nel 2006 non lo porta alla Coppa del Mondo, preferendogli a sorpresa il diciassettenne Theo Walcott.
Motivazione:

Jermain ha avuto una pessima stagione. Non credo che meritasse di andare alla Coppa del Mondo. Theo (Walcott, NdR) era la scelta giusta.

Peccato che Walcott nel corso del torneo non abbia giocato neanche un minuto, ma evidentemente ci sono cose che solo la mente di un selezionatore può comprendere.

Intanto le stagioni di Premier League di Defoe si susseguono altalenanti. Il suo posto da titolare al Tottenham vacilla ma il trasferimento al Portsmouth lo rivitalizza al punto da convincere il suo vecchio club a ricomprarlo.

Fabio Capello lo scopre poco alla volta, e alla fine si decide a portarlo ai mondiali del 2010, dove segnerà anche il gol qualificazione contro la Slovenia che permetterà alla nazionale di accedere al disastroso ottavo di finale contro la Germania.

Intanto il Tottenham finisce nella mani più o meno capaci di Andre Villas-Boas, che tra gli innumerevoli errori commessi, forse compie anche quello di sovrastimare il protagonista di questa storia:

Jermain sa come si segnano i gol. (…) L’ha fatto per tutta la vita. Per me è forte almeno quanto Falcao. Non ho molta esperienza. L’esperienza che ho avuto è stata con un altro paio di attaccanti, ma lo metto lì, al fianco dei migliori.

Il licenziamento di Villas Boas, oltre a un magrissimo bottino che conta un solo gol dall’inizio della stagione, devono avere convinto Jermain Defoe a gettare la spugna.

Poche settimane fa inizia a circolare la voce, poi confermata, di un suo trasferimento a Toronto. A soli 31 anni decide di stracciare le sue chance di giocarsi il prossimo mondiale per sistemarsi lontanissimo dai radar di Roy Hodgson. E per di più in una delle squadre più disastrate del campionato statunitense.

A Toronto, infatti,  non mancano i soldi per gli ingaggi, per lo più sperperati collezionando ex-calciatori dal passato neanche troppo glorioso, ma l’organizzazione quasi dilettantistica del club e la guida malferma dell’allenatore neozelandese Ryan Nelsen l’anno scorso hanno prodotto un deludente penultimo posto in Eastern Conference.

Ma la cosa che forse ci turba di più è il fatto che a deporre la pietra tombale sulla carriera dell’ennesima promessa non mantenuta del calcio inglese, sia stata l’intermediazione del celebre rapper Drake, decisiva per il buon esito della trattativa. Ora, possiamo forse scendere a compromessi col fatto che il Canada abbia iniziato a produrre del buon rap, ma quando un rapper canadese si improvvisa procuratore di successo, vuol dire che il mondo del calcio sta degenerando troppo in fretta per i nostri standard.

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