Montiro

Cannonieri d’inverno: Fredy Montero (Sporting Clube de Portugal)

Força Sporting - fonte Wikipedia

Força Sporting – fonte Wikipedia

Allora, avendo fatto l’Erasmus a Lisbona, ho seguito da vicino l’epopea dello Sporting di László Bölöni che nella stagione 2001-02 vinse campionato e coppa di Portogallo. Il giorno della vittoria dello scudetto sono sceso anch’io in piazza, fingendomi uno sportinguista di lunga data, e il mattino dopo sono entrato in un bar e ho incontrato Mario Jardel che faceva colazione.

L’ultimo grande Sporting

Trattandosi di uno dei picchi narrativi della mia esistenza, pensavo di tenermi questa cartuccia autobiografica per un evento importante, come il decennale di Calcio Parziale o la vittoria del nostro primo premio Pulitzer, però mi sembrava giusto introdurre l’argomento restaurando i fasti di quello che è stato, a oggi, l’ultimo grande Sporting della storia.

Dall’anno seguente, il club tornerà a interpretare il ruolo di sottomesso alla potenza di Porto e Benfica (soprattutto del Porto, in realtà); un destino infame che culminerà nei quattro secondi posti consecutivi ottenuti tra il 2005 e il 2009 sotto la guida di Paulo Bento, oggi selezionatore della nazionale.

Premesse di resurrezione

Ricky van Wolfswinkel - fonte Wikipedia

Ricky van Wolfswinkel – fonte Wikipedia

La stagione scorsa sembrava potesse essere quella della resurrezione: tanto per cominciare, Mario Jardel aveva finalmente trovato un degno erede in Ricky van Wolfswinkel, il bomber olandese strappato l’anno prima alla concorrenza di innumerevoli pretendenti. Poi c’erano Danijel Pranjić (prelevato dal Bayern Monaco), Jeffren Suarez (Barcellona), Diego Capel (Siviglia), Khalid Boulahrouz (nazionale olandese, ex Chelsea), Gelson Fernandes (ex Man City), Elias (Atletico Madrid), Zakaria Labyad (arrivato dal PSV dopo un intrigo di mercato dai contorni quasi spionistici).
Senza contare la nuova generazione di wonder boys appena sfornati da un settore giovanile proverbialmente prolifico: Zezinho, Bruma, Tiago Ilori

Insomma, uno squadrone.

Risultato: quattro allenatori in nove mesi (Sà Pinto, Oceano, Franky Vercauteren e Jesualdo Ferreira), ultimo posto nel girone ed eliminazione dai gruppi di Europa League dietro Genk, Basilea e Videoton, settimo posto in campionato e peggiore stagione in assoluto nella gloriosa storia ultracentenaria del club.

Un disastro senza precedenti, senza attenuanti e senza spiegazioni.

A luglio la squadra è praticamente da rifare. I migliori (?) se ne vanno. I ragazzini prodigio fanno a botte per seguirli: Zezinho non era probabilmente il fenomeno che ci si aspettava e finisce in prestito a una squadra greca (Veria FC?),Tiago Ilori se lo prende il Liverpool e l’ingrato Bruma, dopo una squallida battaglia legale per invalidare il contratto, subisce prima un tentativo di rapimento da parte degli ultras infuriati e infine viene ceduto per dieci milioni al Galatasaray (e oggi gioca in prestito nel Gaziantepspor – congratulazioni vivissime).

Camminando tra le macerie

Quando anche Ricky van Wolfswinkel abbandona la nave, un futuro gravido di incertezze, panico e saccheggi sembra addensarsi sullo stadio Alvalade. Il centravanti scelto per sostituirlo è un ventiseienne colombiano dal curriculum molto poco altisonante. Si chiama Fredy Montero, è cresciuto nel Deportivo Cali, ha girato l’America in prestito per poi accasarsi in Major League Soccer, nei Sounders di Seattle.

In Colombia, non ha lasciato un ricordo indelebile tra i tifosi del Millionarios di Bogotà e lo confermano le parole impietose del giornalista Andrés Camilo Restrepo Méndez:

Il suo atteggiamento sottomesso è la ragione per cui i suoi compagni lo ignorano al momento di chiudere una giocata, un passaggio o una punizione. In più, quei pochi palloni che riceve davanti alla porta, quando ha la possibilità di segnare, li spreca in maniera infantile (…). Montero sarà sicuramente dimenticato in fretta e se lascerà un qualche ricordo di sé, sarà quello di una promessa non mantenuta, come tanti altri giocatori che hanno vestito la maglia azzurra dei pluricampioni di Colombia e hanno scoperto che era troppo grande per loro.

La rifondazione

La caldissima curva degli Seattle Sounders

La caldissima curva degli Seattle Sounders – fonte Wikipedia

A Seattle segna, per carità, però 13 gol in 32 partite nel campionato statunitense non sembrano la formula magica in grado di risollevare lo Sporting dal fiume di fango in cui giace tramortito. E poi l’impressione è che l’ingaggio sia frutto della tirchieria del nuovo presidente Bruno de Carvalho, che forse spera di cavarsela con un’imitazione a basso costo dei colpi di mercato del Porto, come se bastasse prendere un centravanti colombiano come il loro per tornare a giocarsela con le superpotenze del calcio portoghese.

Fredy Montero non sembra possedere nemmeno lontanamente i numeri e la potenza del loro Jackson Martinez. E poi chi è questo Leonardo Jardim che ha preso in mano la squadra? Vogliamo illuderci che sia il nuovo Mourinho solo perché anche lui si è messo ad allenare senza avere praticamente giocato a pallone? E chi sono William Carvalho, Adrien Silva, André Martins, Wilson Eduardo… Ma dove vogliamo andare con questo manipolo di sconosciuti?

In cima alla Primeira Liga

Sporting Clube de Portugal – Stagione 2013/14


Invece arriva dicembre e lo Sporting è campione d’inverno, in coabitazione con Porto e Benfica, tutte e tre a 33 punti, in una situazione di classifica dal sapore enigmistico.
Il manipolo di sconosciuti di cui sopra si rivelerà essere un organizzatissimo plotone di centrocampisti agguerriti e insospettabilmente maturi. Tuttavia l’artefice principale del miracolo, con 13 gol nel girone d’andata, è Fredy Montero, che al momento siede sul trono di capocannoniere provvisorio insieme a Jackson Martinez.

In realtà il primato è minacciato da un’astinenza che dura ormai da otto partite, per la gioia di maligni e benfiquisti secondo i quali l’exploit di Montero sarebbe stato frutto del caso e di congiuntura favorevole destinata a sgonfiarsi presto.

Nel frattempo lo Sporting ha comunque deciso di esercitare l’opzione di acquisto del giocatore, arrivato in prestito con diritto di riscatto. Questo non significa che Jardim, adesso che i giochi si sono fatti interessanti, avrà necessariamente la pazienza di aspettare che Montero si sblocchi: intorno al suo posto da titolare hanno infatti iniziato a volteggiare l’enigmatico nazionale algerino Islam Slimani e soprattutto il neoacquisto capoverdiano Héldon, appena prelevato dal Maritimo dopo un girone d’andata molto prolifico.

Segni particolari: nessuno

Abbastanza veloce, abbastanza tecnico, abbastanza forte di testa, abbastanza dotato balisticamente, Montero non sembra eccellere in nulla, ma forse in casi come questo l’eccezionalità è data proprio dalla completezza.

O forse il merito è della mentalità e della disciplina militare impartitegli dal padre poliziotto, con modalità che pensavamo di esclusiva pertinenza dei genitori dei tennisti:

Mio figlio, a sei anni, rispondeva già alle domande di giornalisti miei amici che simulavano delle interviste. Gli mostravo filmati di partite, gli spiegavo le tattiche, gli parlavo di posizionamento in campo e gli spiegavo come doveva nutrirsi. Uno zio di Fredy che è medico in un’altra città e veniva a trovarci d’estate, mi diceva: tu sei pazzo, tuo figlio è ancora un bambino e tu lo tratti come se fosse un professionista. E io gli rispondevo sempre: non è un professionista ma un giorno lo diventerà.

Un uomo, un reparto

Seattle Sounders vs Dallas FC - fonte Wikipedia

Seattle Sounders vs Dallas FC – fonte Wikipedia

Di sicuro il suo connazionale Radamel Falcao è molto più appariscente, molto più devastante, molto più ricco di lui, però Montero ha dimostrato di appartenere alla razza quasi estinta degli uomini-reparto, e nel 4-2-3-1 di Leonardo Jardim lavora da terminale unico per il ventaglio di giovani centrocampisti offensivi che gli si apre alle spalle, indirizzandolo di volta in volta verso un settore diverso del fronte d’attacco.

Forse la sua dote principale è proprio questa sorta di magnetismo tattico che gli permette di muoversi orchestrando soluzioni offensive solitarie eppure sempre imprevedibili, suggerendo ai compagni i cross e i passaggi filtranti che gli servono per concludere.

E poi è impressionante la discrezione con cui riesce a scomparire dal radar di una difesa schierata appositamente per contrastarlo. Sparisce per riapparire qualche secondo più tardi, trascurato dai difensori e solo davanti al portiere, quando ormai è troppo tardi per ricordarsi di lui.

Ma poi l’umiltà: lo guardi e ti sembra che l’unica cosa che gli interessi sia giocare bene a pallone, caso rarissimo negli scenari calcistici attuali. Ecco, il carattere riservato, forse, potrebbe suggerire la somiglianza più evidente con Radamel Falcao, uno che nonostante il fisico minaccioso e l’incontenibile furia agonistica si è sempre distinto per la sua mansuetudine e correttezza. Di sicuro, noi che siamo cresciuto ammirando le imprese di René Higuita, Carlos Valderrama e Faustino Asprilla, tutto ci saremmo aspettati tranne di dover scoprire che dei calciatori colombiani avrebbero offerto alla società occidentale un nuovo modello di sobrietà.

Postfazione

E comunque, per tutti coloro che hanno sottovalutato la portata dell’aneddoto iniziale, voglio specificare che in quella stagione Mario Jardel segnò 55 gol, di cui 42 solamente in campionato. Segnò praticamente ogni volta che mise piede in campo.

Una rarissima giornata di astinenza se la concesse la sera del 22 ottobre 2001, in occasione di un piovoso posticipo del lunedì contro il Santa Clara, modesta compagine proveniente dalle isole Azzorre che riuscì a fermare la corazzata sportinguista sullo 0-0.

Nel corso di quella stagione strepitosa, quella fu l’unica volta in cui mi concessi il lusso di sedere sugli spalti del vecchio stadio José Alvalade per vedere dal vivo la mia nuova squadra del cuore.

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