Neeskens in Olanda - Germania Est 2-0

Il calcio totale – seconda parte

Nella seconda e conclusiva parte dell’articolo, analizziamo lo schieramento in campo delle squadre caratterizzate dal calcio totale ed i loro risultati. Vedremo anche quanto tale modello di gioco ha lasciato in eredità, ed in particolare chi ha saputo coglierne maggiormente la lezione ed applicarla.

SCHIERAMENTO IN CAMPO

Michels adottò per l’Ajax inizialmente uno schieramento modellato sul 4-2-4. In seguito ad un incontro con il Feyenoord, trasse ispirazione dalla formazione avversaria per modificare l’assetto della propria. Passò dunque al 4-3-3, modulo adottato appunto dalla squadra di Happel. Fu la soluzione ideale. Era comunque una disposizione mascherata, in quanto il libero spesso si sganciava diventando un centrocampista aggiunto. Dunque un 4-3-3 che si trasformava in fase di impostazione, e pertanto molto frequentemente, in 3-4-3.

Nel corso della sua gestione, Kovacs mise Neeskens a centrocampo, perno del gioco, mentre in precedenza era utilizzato come esterno in difesa. Diede maggior libertà alla fantasia dei giocatori, ma per il resto non mutò le concezioni di base impostate da Michels, e questo fu il suo maggior pregio. La squadra restò in piedi, e restò vincente.

Il grande Ajax di quegli anni funzionava attraverso tre linee verticali parallele. Le direttive viaggiavano essenzialmente su questi uomini, dal basso verso l’alto del campo: a destra, Suurbier, Haan, Swart o Rep; al centro, Vasovic o Hulshoff o Blankenburg, Neeskens, Cruyff (che comunque svariava molto sulla linea d’attacco); a sinistra, Krol, Muhren, Keizer. In porta Stuy. Qui di seguito, come l’Ajax si presentò in campo nella finale di coppa campioni del 1973:

La nazionale olandese aveva una disposizione pressoché identica a quella dell’Ajax. C’erano solo alcune differenze in merito ai giocatori messi in campo. La formazione tipo dell’edizione ’74 del mondiale vedeva Rijsbergen, del Feyenoord, nel ruolo di centrale difensivo. Haan, anziché a metà campo, era schierato come libero (e pertanto a centrocampo ci stava spesso). La difesa era completata da Suurbier e Krol. Nel ruolo di centrocampisti giocavano Van Hanegem e Jansen, entrambi del Feyenoord, ovviamente insieme a Neeskens. La linea d’attacco era formata da Rep, Cruyff e Rensenbrink, giocatore proveniente dalla squadra belga dell’Anderlecht. Il portiere titolare era Jongbloed, che giocava nel FC Amsterdam, società ora scomparsa. Qui sotto, l’Olanda nella finale dei mondiali 1974:

RISULTATI

I lancieri di Amsterdam, guidati da Rinus Michels, vincono il titolo olandese nel 1966. Si presentano ufficialmente al mondo il 7 dicembre 1966, rifilando un roboante 5 a 1 al Liverpool di Bill Shankly, secondo turno di coppa campioni. Ma i tempi non sono ancora maturi. Nel 1969 l’Ajax raggiunge la finale della massima competizione europea, e prende quattro gol dal Milan.

Poi, dal 1971 al 1973, l’Ajax domina. Vince tre coppe dei campioni consecutive, sconfiggendo nell’ordine Panathinaikos, Inter e Juventus. Nelle tre finali non subisce neanche un gol. Resta memorabile il quarto di finale del 7 marzo 1973, incontro di andata, nel quale devasta il pur forte Bayern Monaco per quattro a zero. Il primo dei tre trionfi europei porta la firma di Michels, mentre gli altri due vedono già in panchina Kovacs.

Michels infatti si è trasferito sulla panchina del Barcellona a partire dalla stagione 1971/72. E chi gli ha scaldato il posto, immediatamente prima di raggiungere la terra catalana? Ma proprio Vic Buckingham, il suo predecessore anche ad Amsterdam. Michels pertanto inizia a diffondere all’estero le sue innovative idee sul calcio. In due distinti periodi (’71-’75 e ’76-’78), vincerà un campionato spagnolo ed una Copa del rey. Non è poco, certo, ma niente di straordinario. Nel 1973 sarà raggiunto in terra catalana da Cruyff, nel 1974 da Neeskens. Nel frattempo, il grande Ajax si sfalda.

Cruyff, con la maglia della Juve (magari...), alza la terza coppa consecutiva per l'Ajax - fonte juventusfans.forumcommunity.net

Cruyff, con la maglia della Juve (magari…), alza la terza coppa consecutiva per l’Ajax – fonte juventusfans.forumcommunity.net

Passando alla nazionale olandese, necessariamente i riflettori devono essere puntati sulle prestazioni del mondiale ’74. Michels è l’allenatore dei tulipani, benchè la qualificazione sia stata ottenuta con un altro ct, Fadrhonc. L’Olanda strabilia il mondo con il suo splendido gioco. Regola da sola il Sudamerica, rifilando otto gol ad Uruguay, Argentina e Brasile, senza prenderne neanche uno. Arriva in finale con 14 gol all’attivo, e solo 1 al passivo. E’ la favorita per il titolo. Qui incontra però un’altra grandissima squadra, la Germania Ovest, che in aggiunta gioca in casa. I tedeschi sono all’apice del loro lungo ciclo aureo calcistico (1954 – 1990). Nonostante lo svantaggio iniziale, la Germania riesce a recuperare, a portarsi in vantaggio, ed a resistere alla reazione olandese. La Germania Ovest, con una prestazione superba, è campione del mondo.

E’ una partita sontuosa, sotto vari punti di vista, probabilmente la più grande finale dei mondiali sinora disputata. La sfida di Monaco di Baviera rappresenta anche la grande occasione mancata dal calcio totale olandese. Una macchia non da poco. Stessa sorte sarebbe toccata agli orange nella finale del 1978, benché in quella coppa del mondo il gioco non fosse stato al livello del mondiale in Germania. Nel frattempo, Cruyff e compagni perdono pure l’europeo del 1976, eliminati in semifinale dalla Cecoslovacchia. Ma è il 1974 l’anno in cui il calcio totale avrebbe dovuto raggiungere l’apoteosi. Si sarebbe poi detto: non è mancato il mondiale all’Olanda, ma è al mondiale che manca quell’Olanda nel proprio albo d’oro. Sì, vabbè. La volpe e l’uva. La fama che da allora accompagna gli sconfitti resta poco più che una consolazione. C’è uno spot di un noto fabbricante di scarpe, girato proprio con calciatori olandesi nel 2010, prima dei mondiali. Ecco, di solito è arduo trovare uno spunto di verità in una comunicazione commerciale, ma qui è presente. E dice così: nessun calcio è totale senza vittoria.

EREDITA’

Per la mia generazione, che ha iniziato a seguire il calcio poco dopo la fine dell’esperienza del calcio totale, quanto realizzato dagli olandesi ha assunto i connotati del mito. L’abbiamo sempre immaginato come il calcio per antonomasia, bello e rivoluzionario. Come un fatto unico nella storia del pallone. È così soprattutto agli occhi di chi non ha potuto vederlo all’opera direttamente, quasi astraendo la realtà e fornendo appunto dei connotati mitici a quelle squadre ed a quelle partite.

Tornando alla realtà, è importante sottolineare come taluni aspetti toccati nella nostra disamina sono ormai diventati pane quotidiano dell’odierno calcio. Innanzitutto, l’aspetto fisico – agonistico e la necessità di curarlo in modo scientifico. E’ fondamentale, ormai. Poi, l’eclettismo sempre più spinto dei giocatori. Ed anche il pressing, l’uso del fuorigioco, il tentativo di tenere le squadre corte ed i reparti uniti. Tutti elementi che traggono origine dal calcio totale olandese degli anni settanta. Non solo, ovviamente, ma in buona parte.

È il caso però di precisare alcune questioni. Intanto, non basta mettere in campo alcuni dei fattori citati per rifarsi a quel modello di calcio. Le squadre olandesi erano in grado di utilizzarli al massimo livello. In tal modo vincevano la maggior parte degli incontri e spesso riuscivano a dominare gli avversari. Lo facevano grazie ad un alto livello tecnico, all’affiatamento della squadra ed alla preparazione fisica adeguata. In parole povere: una squadra che ai nostri giorni mantiene un prolungato quanto sterile ed inutile possesso palla, non costituisce un legittimo parallelo con il calcio totale. Tutt’altro. Lo stesso dicasi per chi attua un pressing ossessivo sin dal limite dell’area avversaria, e nel contempo lascia praterie nella propria metà campo alle scorribande dell’altra squadre.

Ancora un’altra precisazione. Se creiamo una categoria, la usiamo, la citiamo, è il caso di precisarla e di darle dei confini. Dunque, il calcio totale è quel modello di gioco espresso soprattutto dall’Ajax e dalla nazionale olandese tra la fine degli anni sessanta e la fine dei settanta. Ma niente altro e niente di più. Le esperienze successive possono rappresentare un degno seguito, anche un’evoluzione, un avanzamento. Ma non sono il calcio totale degli olandesi.

Passiamo quindi alle particolari esprienze calcistiche che hanno costruito le loro fortune ispirandosi e traendo spunto dai maestri d’Olanda. Prima di tutti, con ogni probabilità, furono gli inglesi ad imparare la lezione, come sottolinea Mario Sconcerti. Non è un caso infatti che dominarono la coppa dei campioni negli anni successivi ai trionfi olandesi (dopo la tripletta del Bayern, per cui tra il 1977 ed il 1982). Il calcio d’oltremanica si adattò bene ai canoni del calcio totale grazie all’abitudine ad un calcio prettamente atletico. Organizzarono la forza fisica attraverso le nuove idee, utilizzando soprattutto un 4-4-2 funzionale ai cross ed al gioco sulle fasce.

Pep Guardiola - fonte flickr.com

Pep Guardiola – fonte flickr.com

Lo stesso Michels sarebbe tornato sulla panchina dei Paesi Bassi, rinverdendo i fasti del passato e riproponendo all’incirca la sua idea di calcio. Ma stavolta anche vincendo, grazie ad una nuova generazione di splendidi talenti. La nazionale olandese, guidata da quello che ormai era considerato un autentico guru del calcio mondiale, fece suoi i campionati europei del 1988. Era l’Olanda di Van Basten, di Gullit, di Rijkaard. E chi trovò in finale di quegli europei? Proprio l’Unione Sovietica di Lobanovskyi. Ma l’incontro non fu all’altezza di quanto si potrebbe attendere. Come già detto: si creano i miti e da quel momento oltrepassano la realtà.

È opinione pressoché unanime che il seme del calcio totale abbia dato i suoi frutti migliori sulle sponde del mediterraneo. Gli eredi degli olandesi sono a Barcellona. E’ proprio una particolare concezione del calcio che accomuna le due scuole calcistiche. Michels lasciò l’Ajax, all’epoca vertice del calcio europeo, per allenare il Barcellona. Da allora, un filo rosso lega la terra d’Olanda con i blaugrana. Questo filo è rappresentato in primis da Johan Cruyff, giocatore e poi allenatore del Barcellona, primo tecnico a portare la coppa campioni in Catalunya. Van Gaal, altro olandese, ha allenato la squadra. Poi, Pep Guardiola negli ultimi anni ha incarnato il ruolo del degno erede di tutta la tradizione, con il suo gioco offensivo, basato sul possesso palla, sulla tecnica sopraffina, sui passaggi continui e sul pressing. Un calcio che ha sbalordito gli appassionati e che ha arricchito la bacheca del Barcellona di trofei.

Arrigo Sacchi - fonte it.wikipedia.org

Arrigo Sacchi – fonte it.wikipedia.org

Per chiudere, devo dire però che a mio parere il migliore erede del calcio totale, erede nel senso di divulgatore, è stato Arrigo Sacchi. Non so se possa essere definito anche il miglior interprete dell’esperienza, forse sì, ma non importa. Di certo, non è stato il primo: il Milan di Sacchi inizia a mietere successi circa quindici anni dopo le vette toccate dagli olandesi nei settanta. Ma la rivoluzione calcistica che accompagna le gesta di Sacchi come allenatore ha un impatto, un seguito, una risonanza mondiali addirittura maggiori rispetto a quanto ottenuto dai fratelli maggiori olandesi. Come se il mondo del calcio fosse pronto a comprendere quella lezione solo dopo vent’anni. Qui non c’è lo spazio per approfondire i tratti salienti del calcio di Sacchi. Ci sarà sicuramente occasione per farlo in futuro. Voglio però sottolineare, appena accennare, come non sia un caso che l’evento sia avvenuto in Italia, il Paese di grande tradizione calcistica che in misura minore aveva provato ad applicare la lezione del calcio totale. O, più precisamente, dove la tradizione e gli elementi di resistenza erano erano più forti. Torniamo in tal modo alla spiegazione della nascita del calcio totale. Come in Olanda, l’Italia salta una fase, cioè l’applicazione del nuovo calcio insegnato dagli olandesi, così come il gioco a zona. Salta probabilmente buone parte delle storture, delle approssimazioni, delle forzature rispetto all’originale. Poi, di colpo, su queste basi, nasce l’esperienza di Sacchi che conquista il mondo. E garantisce alla scuola italiana, agli allenatori di origine italiana, un primato per diversi anni, il cui eco ancora oggi non si è spento.

 

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