Bandiere al vento in Marienplatz

Corazzata Bayern

Come e perché i bavaresi possono puntare al secondo treble consecutivo

27 luglio 2013. Al Westfalenstadion di Dortmund i padroni di casa del Borussia sfidano il Bayern München, in un remake del match che soltanto due mesi prima ha assegnato il titolo di Campioni d’Europa alla formazione bavarese e che adesso vale per la Supercoppa nazionale. É anche l’esordio sulla panchina bavarese per Pep Guardiola, al ritorno in una competizione ufficiale dopo l’anno sabbatico, e l’avventura non comincia nel migliore dei modi: vince il Borussia per 4-2 e c’è già chi storce il naso in quella che viene chiamata la città più settentrionale d’Italia.

8 marzo 2014. Dopo aver pettinato per 5-1 lo Schalke 04 la settimana prima, il Bayern demolisce anche il Wolfsburg, umiliato a domicilio per 1-6 con un secondo tempo sontuoso: dopo l’1-1 della prima frazione, Müller, Mandžukić e il rientrante Ribéry mettono dentro 5 palloni in 17 minuti e permettono alla propria squadra di difendere i 20 punti di vantaggio sulla seconda, proprio quel Borussia che aveva osato superarla a inizio stagione.

In mezzo, i numeri

Tra la sconfitta in Supercoppa e il set inflitto ai lupi, il Bayern ha collezionato un ruolino di marcia semplicemente impressionante.

Nelle 39 partite ufficiali finora disputate tra Bundesliga, Champions League, DFB Pokal, Supercoppa Europea e Mondiale per Club, la squadra di Pep Guardiola ha collezionato 35 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte, mettendo a segno 116 goal (media di oltre 3 gol a partita) e subendone appena 22 (un gol subito ogni 160 minuti). Borussia a parte, l’unica altra squadra che è riuscita nell’impresa di batterla è stata il Manchester City in Champions League: 2-3 il risultato finale, che comunque non ha impedito ai tedeschi di chiudere in testa il proprio girone.

In campionato solo il Bayer Leverkusen e il Freiburg sono riusciti a fermare sul pareggio la capolista, 1-1 in entrambe le occasioni, mentre il Chelsea ce l’ha fatta nel corso della Supercoppa europea (2-2 al 120′), ma ha dovuto poi soccombere ai calci di rigore. Prima della sconfitta contro i citizens, i rossi di Baviera avevano collezionato 11 successi consecutivi, dopo la vittoria contro lo Schalke il record è stato battuto e adesso le vittorie in fila sono 13. In Bundesliga, invece, i successi consecutivi sono 16, mentre per trovare l’ultima sconfitta bisogna risalire al 28 ottobre 2012, quando le aspirine del Bayer Leverkusen espugnarono l’Allianz Arena per 1-2.

Ad ogni modo, mentre la primavera si avvicina ad ampie falcate, il Bayern quest’anno ha già messo in cascina una Supercoppa europea e un Mondiale per club, le sartine bavaresi hanno già cominciato a cucire sulle maglie rosse il 24esimo Meisterschale e Robben e compagni sono in semifinale di DFB Pokal e con un piede nei quarti di Champions. Ma soprattutto hanno dimostrato di avere tutte le carte in regola per essere – per il secondo anno consecutivo – la migliore squadra d’Europa.

Una rivoluzione silenziosa

L’annata 2012/13 si era chiusa con la meritata vittoria della Champions e con l’addio annunciato di Jupp Heynckes. Squadra che vince non si cambia, ma c’è comunque spazio per un paio di colpi estremamente intelligenti. Via Luiz Gustavo e Mario Gomez – venduti decisamente bene a Wolfsburg e Fiorentina – dentro Thiago Alcantara (22 anni) e Mario Götze (21), non esattamente due giocatori a caso.

Il primo è stato strappato al Barcellona, squadra che notoriamente non ama dare via i propri talenti migliori. Non a caso, pur di non lasciarlo andare via, nel 2011 gli aveva rinnovato il contratto appioppando una super clausola rescissoria di 90 milioni di euro, sfortunatamente decaduta grazie ad uno di quei codicilli suicidi che fanno la felicità di notai e avvocati (l’intera storia qui). Pessima notizia per Tata Martino, visto che il centrocampista di nazionalità spagnola nato in Italia da genitori brasiliani (un monumento alla globalizzazione, in pratica) ha faticato un po’ all’inizio – complice un infortunio – ma poi è diventato un punto di riferimento del Bayern, filtrando a centrocampo e aiutando in attacco. La sua crescita è stata impressionante, come si può vedere dal grafico che tiene conto del Performance Score di Squawka.

L’altro nuovo arrivo è Mario Götze, ex next big thing e ormai entrato di diritto nel mondo dei grandi. Strappato ai rivali del Borussia dove è esploso, si era infortunato nel finale della scorsa stagione perdendosi la drammatica – per i suoi colori – finale di Champions proprio contro il Bayern. I suoi ex tifosi non hanno gradito il passaggio ai rivali, ma per Mario – nato a Memmingen, in piena Bavaria – è stata una scelta di cuore, e non a caso è diventato immediatamente un idolo, anche e soprattutto dopo la splendida rete realizzata a novembre in casa della sua ex squadra, rete che ha aperto la strada alla goleada degli ospiti.

Per il resto la squadra è rimasta la stessa nell’impianto, e sarebbe stata una follia fare altrimenti. Lo sa bene Rummenigge, a cui sono bastati una ventina di milioni per rinforzare ulteriormente una squadra che già l’anno scorso aveva pochi punti deboli. Una formazione ideale non esiste, visto che Guardiola fa girare molto i suoi giocatori spostandoli in campo a seconda delle esigenze, ma questa è la squadra dei 5 gol in 17 minuti alla Volkswagen Arena.

L’allenatore delle cause facili

Il resto l’ha fatto Guardiola. I suoi detrattori sostengono che non sia poi così difficile ottenere i suoi risultati avendo allenato in carriera solo due squadroni come Barcellona e Bayern, ma fino a prova contraria dove c’è lui si vince mentre con gli altri la certezza non c’è. Quest’anno, poi, ha anche dimostrato di saper adattare alla perfezione il proprio gioco e la propria mentalità ad un ambiente molto diverso da quello blaugrana. Alla base c’è sempre il possesso di palla (mediamente del 61%, la percentuale più alta in Europa) e la voglia di finire l’azione sempre in area: dei 72 gol realizzati in Bundesliga, solo 2 sono arrivati con tiri da fuori area. Ma alcuni degli elementi che erano alla base del Pep-pensiero ai tempi del Camp Nou sono stati in qualche modo superati. Il tiki-taka non è cosa del Bayern, che non disdegna affatto il lancio lungo, e di conseguenza scompare il mito del falso nueve, dal momento che il Bayern rinuncia raramente al punto di riferimento Mandžukić là davanti, supportato da due ali larghe e tecniche con il costante vizio di accentrarsi e seminare scompiglio in area.

Il risultato è che i bavaresi seminano gioco e creano un’infinità di palle gol, 19,1 a partita secondo Who Scored a fronte delle 18,9 del Real e del 16,4 del Barcellona.

Evidentemente l’anno di pausa ha fatto bene a Pep, che intelligentemente non ha provato a replicare un modello splendido e vincente come quello di Barcellona in una piazza sostanzialmente diversa, ma è stato in grado di leggere alla perfezione la situazione e di adattare il proprio credo calcistico. Chiaro, rimane il dubbio di cosa potrebbe fare lo spagnolo avendo in mano una squadra non di primissima fascia, ma finché continua così la sua figura rimane piuttosto inattaccabile.

Verso la resa dei conti

Baviera, birra e Bayern

Baviera, birra e Bayern

Finora la stagione è stata quasi perfetta, buon viatico per un finale che potrebbe rivelarsi entusiasmante. Messo già in ghiaccio il campionato, i bavaresi possono adesso pensare esclusivamente alla Champions, vantaggio decisamente di non poco conto quando le energie si devono gestire. Ci sarebbe la distrazione della Coppa nazionale, dove in semifinale il Bayern incontrerà la sorpresa Kaiserslautern direttamente dalla seconda serie, ma francamente riesce difficile pensare che questo possa condizionare il cammino della squadra di Guardiola. L’ipotesi del secondo treble consecutivo non è così remota, e sarebbe un’impresa storica: nessuno al mondo c’è mai riuscito.

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