Arthur-Friedenreich

Il calcio samba di Arthur Friedenreich

Edson Arantes do Nascimiento detto “Pelè” è stato il secondo miglior realizzatore del calcio brasiliano con 1279 reti, dietro solamente all’inarrivabile attaccante d’inizio secolo Arthur Friedenreich, che ne realizzò ben 1329. In realtà molti storici del calcio sostengono che Friedenreich, nelle sue 26 stagioni in prima divisione paulista, di gol ne fece solamente 1230: tuttavia, risulta impossibile calcolare il numero esatto dei gol realizzati in quanto mancano i dati statistici ufficiali di molte sue partite.

Friedenreich? E chi sarebbe costui? Un mito, una leggenda popolare o un calciatore realmente esistito?

Il re del calcio

Arthur Friedenreich in campo

Le “roi” in campo – fonte futpopeclube

Quello che i francesi chiamarono “il re del calcio”, nacque a San Paolo nel 1892 dal rapporto fugace di una lavandaia afro-brasiliana con un commerciante tedesco emigrato in Brasile. Passata l’infanzia per la strada e allevato nella più completa miseria dalla madre, Arthur imparò ad affinare la sua tecnica calcistica inseguendo una vescica di mucca gonfia d’aria, ovverosia la cosa più simile a un pallone a sua disposizione. Successivamente in gioventù venne adottato dal padre Oscar, che lo introdusse nei migliori collegi di San Paolo, togliendolo di fatto dalla strada e indirizzandolo verso la carriera di calciatore, nonostante fosse mulatto.

In una società prettamente razzista com’era quella brasiliana d’inizio secolo, Friedenreich fece di tutto per far risaltare la sua componente europea, lisciandosi sempre i capelli crespi per avere un aspetto meno negroide, cospargendosi la pelle di crema di riso prima di ogni partita. Dai bianchi imparò ben presto anche a fare vita da dandy: durante tutta la sua carriera agonistica, assieme alla caterva di gol realizzati, si diede al vizio del cognac e del sigaro, oltre a non disdegnare la frequentazione di spogliarelliste conosciute nei cabaret paulisti.

Sarà stata l’arte della sopravvivenza sviluppata per le strade di San Paolo, oppure l’inseguire le traiettorie bizzarre della vescica di mucca, sta di fatto che il mulatto dagli occhi verdi sviluppò una tecnica eccezionale: grande tocco di palla, dribbling e sontuosa eleganza in campo, condita con una capacità realizzativa senza pari.

La leggenda di El Tigre

Il Brasile del 1919

Il Brasile del 1919 – fonte Wikipedia

Arthur Friedenreich giocò con molte squadre di San Paolo, esordì in nazionale nel 1914 in quello che fu il primo incontro ufficiale dei verde-oro: nella partita giocata contro la selezione inglese dell’ Exeter City il nostro non segnò, in compenso uscì dal campo con due denti fratturati. Sempre in nazionale tuttavia seppe rifarsi alla grande: vinse da capocannoniere il campionato sudamericano di calcio nel 1919, meritando il soprannome di “El Tigre” per la sua fame di gol. La drammatica e interminabile finale contro l’Uruguay, disputata all’Estadio das Laranjeiras di Rio de Janeiro, fu vinta dal Brasile dopo quattro tempi supplementari – all’epoca la formula dei rigori non esisteva –  e venne risolta proprio da un gol di Friedenreich al terzo tempo supplementare.

Nel 1922 trascinò nuovamente la nazionale in finale di campionato sudamericano ma non ebbe la fortuna di giocarla, in quanto il presidente brasiliano Epitacio Pessoa impose ai giocatori di colore di non scendere in campo. Per la cronaca, pur senza l’attaccante di riferimento, il Brasile s’impose sul Paraguay 3 a 0. Ma l’esclusione più dolorosa fu quella dal mondiale di calcio del 1930: a causa di una controversia tra la federazione di calcio paulista e quella carioca, i giocatori di San Paolo infatti vennero esclusi dalla competizione. Come l’argentino-spagnolo Di Stefano, il più grande attaccante della storia brasiliana non avrebbe mai disputato un campionato del mondo.

La samba nel calcio

Fu lui, quel ragazzo prodigio cresciuto nelle strade polverose della periferia paulista, a frantumare con l’irriverenza lo schematismo e il pragmatismo del calcio inglese. Un calcio al ritmo di samba, che predilige la fantasia di un dribbling a uno sterile passaggio all’indietro, il piacere di una giocata di tacco a un candido calcione negli stinchi, l’accortezza tecnica di un tocco sopraffino a un pallone calciato alla cieca. Il grande scrittore urugaiano Eduardo Galeano di lui scrive:

Da Friedenreich in avanti, il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti, come non ne hanno le montagne di Rio, né gli edifici di Oscar Niemeyer.

Con buona pace del neopallone d’oro alla carriera, il fùtbol bailado è nato assieme a Arthur Friedenreich.

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