standard

Cannonieri d’inverno. Michy Batshuayi (Standard de Liège)

I Diavoli Rossi in divisa nera - Fonte Wikipedia

I Diavoli Rossi in divisa nera – Fonte Wikipedia

Chi ha la fortuna di conoscermi da molto tempo, ricorderà senz’altro che iniziai a parlare della nouvelle vague del calcio belga già cinque o sei anni orsono, profetizzando l’ascesa di quella che di lì a poco si sarebbe imposta come una nuova potenza del calcio europeo.
All’epoca, come succede a tutti i profeti, venni ignorato, deriso, in alcuni casi insultato e bersagliato da battute offensive, atti di bullismo e scherzi da caserma.

Io l’avevo detto

Intanto nella stagione 2008-09, quando i grandi direttori sportivi italiani sgomitavano per aggiudicarsi i cartellini di Acquafresca, Amauri e Quaresma, io mi ero permesso di far notare che in Francia, nel Lille, giocava un diciassettenne molto interessante, che sembrava destinato ad avere una carriera più brillante di quella del Trivela. L’anno dopo, provai a far notare che nell’Anderlecht un centravanti sedicenne stava viaggiando sulla media di un gol a partita, e che forse era il caso di prendere nota del nome.

Anche in quel caso, niente da fare. Di Eden Hazard e Romelu Lukaku nessuno voleva sentir parlare. Sarebbe arrivato poi il Chelsea a fare piazza pulita dei neofenomeni del calcio belga, assicurandosi una posizione privilegiata nello sfruttamento di una delle più eclatanti risorse di talento della storia calcistica recente.

Il campionato belga di calcio - fonte: Wikimedia

Il campionato belga di calcio – fonte: Wikimedia

Adesso che la nazionale belga si candida a un ruolo da protagonista ai prossimi mondiali e che la Jupiler League annovera sugli spalti più osservatori che spettatori paganti, mi resta solo l’amara consapevolezza di avere previsto tutto questo con larghissimo anticipo.

Fenomeni venuti da lontano

In realtà, l’avvento di questa generazione di fenomeni made in Belgium è troppo eclatante per essere casuale. Dev’essere necessariamente il culmine di un progetto che parte da molto lontano e che poggia su una maniacale gestione dei settori giovanili, su una grande visionarietà organizzativa e sulla stringente necessità di doversi costruire in casa un calcio competitivo senza poter contare su risorse economiche rilevanti.
Tutto questo e magari anche un passato coloniale imbarazzante grazie al quale ci si trova per le mani il frutto prelibatissimo di un melting pot indiscutibilmente proficuo dal punto di vista sociale, atletico e antropologico.

Passato remoto

Michel Preud’homme - fonte: Calciatori capelloni

Michel Preud’homme all’apice del suo splendore – fonte: Calciatori capelloni

Se però dovessimo individuare il momento esatto in cui è germogliato questo miracolo, io indicherei senza dubbio lo Standard Liège della stagione 2007-08, guidato con mano fermissima da Michel Preud’homme, pirotecnico ex-portiere della nazionale riconvertitosi in manager visionario (anche se la sua carriera sembra poi aver subito una brusca frenata, complice un carattere non proprio accomodante).

Il capitano di quella squadra era il diciannovenne (!) Steven Defour, oggi al Porto, e a dividersi con lui quello spicchio di centrocampo c’erano il temutissimo Axel Witsel, di un anno più giovane, passato allo Zenit nel 2012 per 40 milioni di euro, e il pittoresco, formidabile Marouane Fellaini, all’epoca appena ventenne, oggi al Manchester United.

Dante - fonte: Wikipedia

Difensore brasiliano del Bayern Monaco.
5 lettere – fonte: Wikipedia

Le chiavi della difesa erano in mano al brasiliano Dante (oggi al Bayern Monaco), mentre a finalizzare pensavano Dieumerci Mbokani e Milan Jovanovic (capace di attirare l’attenzione del Liverpool per poi però deludere le aspettative una volta arrivato in Premier League).
Lo Standard quell’anno vinse il campionato dopo 25 anni di astinenza, però a fine stagione Preud’homme inspiegabilmente se ne andò e la squadra finì nelle mani di Laszlo Boloni (ebbene sì, ancora lui, il José Mourinho del calcio che non conta).

Passato prossimo

Il grande Laszlo Boloni - fonte: Wikimedia

Laszlo Boloni, idolo – fonte: Wikimedia

Sotto la guida del guru magiaro, lo Standard replica la vittoria dello scudetto, forte anche dell’arrivo di altri giovani prodigi come Eliaquim Mangala (oggi desideratissimo centrale difensivo, sempre di proprietà del Porto) e Christian Benteke (che all’Aston Villa segna raffiche di gol da due anni a questa parte).
Seguirà un quinquennio di buio durante il quale l’Anderlecht riprenderà saldamente il dominio del campionato (interrotto da un siparietto del KRC Genk, vincitore dello scudetto nella stagione 2010-11, guidato da Franky Vercauteren, altro personaggio che per ragioni misteriose sta diventando una presenza ricorrente su queste pagine).

Presente

Dopo un’introduzione tanto estenuante, chiaramente non ci restano più lo spazio, il tempo e la voglia di trattare l’argomento del giorno. Vi basti sapere che le successive stagioni dello Standard sono state necessariamente segnate dall’esodo dei giovani campioni e da una lenta, paziente rifondazione costata anni di insuccessi.
Il doloroso processo di incubazione sembra però avere dato finalmente i suoi frutti proprio quest’anno, al termine del più classico dei piani quinquennali: lo Standard è di nuovo in vetta al campionato con 7 punti di distacco sulla seconda e le giovani promesse coltivate in vivaio sembrano giunte a maturazione.

L’arrivo al punto

La stella della squadra è il protagonista di questa storia: Michy Batshuayi, centravanti classe 1993, che in coppia col coetaneo nigeriano Imoh Ezekiel compone un reparto d’attacco molto interessante in prospettiva futura.

La stampa calcistica è piuttosto concorde nell’affermare che la caratteristica principale di Batshuayi sia l’indisciplina. Non solo l’indisciplina tattica che ha già innervosito più di un allenatore, ma anche quella comportamentale che ha costretto l’Anderlecht ad allontanarlo dal suo settore giovanile, come ben sintetizzato dalle parole del suo vecchio coach Yannick Ferrera:

Michy era una grande talento ma il suo atteggiamento causava molti problemi. Abbiamo dovuto rimandarlo a casa parecchie volte perché non prendeva sul serio l’allenamento. Con la sua personalità dominante rischiava di influenzare negativamente i suoi compagni di squadra.

E Yannick Ferrera può senz’altro contare sulla solidarietà del collega Johan Walem, selezionatore dell’Under 21, che l’anno scorso ha dovuto allontanare dal ritiro Batshuaiy e il compagno Cissé, colpevoli di avere invitato in camera delle professioniste dell’intrattenimento maschile.

La sregolatezza c’è, il genio forse

Un’indisciplina che però nelle sue mani diventa anche sinonimo di duttilità, eclettismo e imprevedibilità, consentendogli di agire indifferentemente da punta centrale, attaccante laterale oppure eventualmente da ala. Anche nel corso della stessa partita e anche senza avere ricevuto precise istruzioni a riguardo (altrimenti che indisciplina sarebbe).

Alterna prestazioni generose ad altre più svogliate, che occasionalmente gli sono costate i fischi dei tifosi dello Standard e hanno ispirato paragoni sempre più insistenti con Mario Balotelli.

Dalla sua parte ci sono gli attuali 17 gol segnati in 23 partite di campionato, ottenuti sfruttando una velocità impressionante, una buona elevazione, un ottimo dribbling (ma questo vogliamo testarlo contro difese più solide) e una potenza travolgente.

Un arsenale variegato che sembra giustificare la sua enorme stima di sé e che spesso lo porta a infognarsi nelle zone più periferiche e trafficate del fronte d’attacco per il solo gusto di districarsi da una situazione problematica.
Un difensore che se lo trovi di fronte, non saprà mai se verrà scansato con la forza, dribblato con stile o bruciato con uno scatto. Nella maggior parte dei casi, comunque, rischia di venire archiviato con sufficienza.

Il futuro

Difficilmente vestirà la maglia dello Standard per un’altra stagione. Anche perché mentre il presidente Duchatelet si prodigava in dichiarazioni d’incedibilità, lui manifestava pubblicamente la sua voglia di Arsenal e Borussia Dortmund.

Dovendo fare un paragone con un suo predecessore, a me sembra che Romelu Lukaku, quando lasciò l’Anderlecht, fosse un giocatore più serio, completo e maturo, e nonostante questo sta ancora cercando di convincere il Chelsea a riprenderselo dopo due stagioni in prestito (colpa del Chelsea, visto che lui ovunque è andato non ha mai smesso di segnare).

Di conseguenza forse a Batshuayi giovarebbe un’altra stagione da titolare allo Standard prima di potersi candidare al ruolo di erede di Lewandowski o di poter garantire ad Arsene Wenger di essere proprio lui il bomber continuo e affidabile che sta cercando da troppo tempo. D’altra parte non sembrano esserci in giro molti attaccanti della sua generazione più forti di lui, quindi forse, per un cartellino che si aggira intorno agli 8 milioni di euro, varrebbe la pena di scommettere su di lui.

Share Button

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>