Italia_Brasile_Baggio_rigore[1]

1994 – When we were kings (III)

Le ultime due epiche partite dell’Italia al mondiale del ’94. Insieme agli ultimi due spunti sul nostro mondo in quegli anni.

Italia – Bulgaria e i Pink Floyd al Delle Alpi

Persi par persi, ‘ndemo a consolarse
‘ndemo al Paradiso a imbriagarse
È l’alba, Venesia è piena di gente a tochi
coi tochi sui copi
tanta ma tanta mona
meze roste meze in coma
Ae sinque dea matina coi stechi sui oci
in mezo ‘na calca mai vista
go’ fato el giornalista
e ghe ho scrit sora l’intervista
su ‘sto casso de concerto dei Pin Floi
Oi ‘ndemo a veder i Pin Floi

Pitura Freska, Oi ‘ndemo a veder i Pin Floi

No, non era quello il concerto dei Pink Floyd di cui parlo. I Pink Floyd suonarono in Italia nella tarda estate del 1994, quando portarono in tour il loro ultimo album, The division bell. Un disco del quale avremmo fatto pure a meno, e non per niente il concerto fu quasi interamente occupato da pezzi storici. Sarebbe stato il loro ultimo disco di studio e la loro ultima tournée. I concerti andarono tutti esauriti. Il 13 settembre al Delle Alpi di Torino, stadio di cui finalmente capimmo l’utilità, eravamo in settantamila. Fu uno spettacolo splendido.

Fonte musicanidi.blogspot.it

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I Pink Floyd sono stati tanto amati dalla nostra generazione. Al Delle Alpi quel giorno c’era davvero una marea di ragazzi con meno di vent’anni. Ed era assolutamente normale, nel senso che andavamo a vedere non solo un pezzo di storia del rock, ma un gruppo nostro. Credo che due eventi abbiano influito su questo successo prolungato dei Pink Floyd, oltre ovviamente al valore della loro musica e dei loro testi. Uno di questi eventi fu il concerto di Venezia di cui cantavano i Pitura Freska, nel 1989, con il palco nella laguna e la folla in piazza San Marco. Probabilmente il più importante concerto rock della storia del Paese e polemiche a non finire. L’altro, del 1990, fu l’esibizione di Roger Waters a Berlino. L’ex leader del gruppo portò in scena l’intero The Wall per celebrare la caduta del muro. Ecco, questi due concerti hanno segnato indelebilmente l’immaginario musicale di tanti di noi. Per cui ci hanno portati ad appropriarci di un gruppo i cui membri potevano tranquillamente essere i nostri genitori, l’immagine più distante da una rockstar che ci possa essere.

La semifinale contro la Bulgaria è uno show di Roberto Baggio e di una grandissima Italia. Al minuto ventuno Baggio riceve una rimessa laterale da Donadoni. Con uno stop a seguire salta un difensore, corre in orizzontale al limite dell’area, ne salta un secondo e scocca un tiro arcuato imparabile, sulla sinistra del portiere. Al venticinquesimo Baggio scova un corridoio centrale in area. Albertini lo vede, gli serve magistralmente la palla, e Baggio infila un altro gol. Due a zero, ma prima dello scadere potrebbero essere anche quattro, tale è il dominio della nazionale. Invece a sorpresa la Bulgaria riapre l’incontro segnando su rigore a due minuti dall’intervallo. La Bulgaria è l’autentica rivelazione del mondiale. Ha battuto l’Argentina nella fase a gironi ed ha eliminato la Germania campione in carica nei quarti. Gioca con una difesa a uomo e il libero. Ha ottimi talenti: Ivanov, Balakov, Letchkov, Sirakov, Kostadinov. In più, schiera il miglior giocatore bulgaro di sempre, Stoichkov, che sarà capocannoniere del mondiale. In Bulgaria li ricordano ancora come la generazione d’oro. Il consueto 4-4-2 italiano vede Pagliuca in porta; Mussi, Costacurta, Maldini e Benarrivo in difesa; Berti, D. Baggio, Albertini e Donadoni a centrocampo; R. Baggio e Casiraghi in attacco.

Il due a uno resiste sino al termine, complice il gran caldo. USA ’94 è probabilmente il mondiale più caldo ed afoso della storia, con l’aggravante delle partite giocate all’ora di pranzo per ragioni televisive. Il secondo tempo è di certo teso ma non offre particolari occasioni da gol. L’Italia arretra, chiude gli spazi e difende il risultato; i bulgari per un po’ premono, ma non sfondano. Ci sono due accadimenti però da segnalare. Costacurta, che sin lì ha disputato un grande mondiale, viene ammonito e salterà la finale. Peggio ancora: colui che al momento è senza dubbio il migliore giocatore del torneo, Roberto Baggio, è colpito da un risentimento muscolare alla coscia ed è costretto a lasciare anzitempo il campo. Il fischio di chiusura vede l’eroe nazionale piangere sulla spalla di Gigi Riva. Però, che storia: per la prima volta da Spagna ’82 vedremo l’Italia in una finale mondiale.

Italia – Brasile e i Nirvana al Palatrussardi

Teenage angst has paid off well
Now I’m bored and old

Nirvana, Serve the servants

Quando il tuo gruppo preferito apre il suo ultimo album con queste parole, sei pronto ad affrontare tutto nella vita. Anche una finale mondiale persa ai rigori.

We can have some more
Nature is a whore
Bruises on the fruit
Tender age in bloom

Nirvana, In bloom

Nel settembre del ’93 usciva il terzo album di studio dei Nirvana, In utero. Seguiva Bleech e Nevermind, il capolavoro del 1991, disco che garantì loro una fama enorme. All’inizio del 1994, dopo il tour americano, i Nirvana iniziavano un giro di concerti in Europa. Kris Novoselic, Dave Ghrol e Kurt Cobain passarono anche in Italia con quattro date: una a Modena, una a Roma e due a Milano, in quello che all’epoca si chiamava Palatrussardi.

Parlando della mia generazione, non citare i Nirvana sarebbe come escludere i Beatles dalla cronaca dei Sessanta. Sono indispensabili. Così mettemmo su le nostre camicie a quadrettoni, i nostri jeans, le nostre scarpe da tennis o i nostri anfibi, i nostri zaini Invicta, e andammo a sentirli. Senza dimenticarli mai più. Può sembrare paradossale, ma credo che i Nirvana ci abbiano sempre essenzialmente comunicato una gran gioia di vivere. Una gioia affogata da tutto un armamentario tragico, depresso e decadente. Una gioia atrocemente soggiogata da rapporti sociali e personali disumani. Ci hanno anche mostrato, appena ad accenni, a bozze, la critica e lo sberleffo del pensiero dominante, dei luoghi comuni sulla gioventù, della religione, della famiglia, del denaro, del nuovo ordine mondiale. Insomma, gran bella roba quando hai sedici anni nel cuore dei Novanta.

Fonte flickr.com

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Il concerto di Milano del 25 febbraio 1994 fu il terz’ultimo della loro storia. Il primo marzo, a Monaco, il tour fu interrotto per la precarie condizioni di salute di Cobain. Soffriva da tempo di ulcera ed era un eroinomane. Il 4 marzo Kurt Cobain sfiorò la morte in un hotel di Roma, dopo aver ingerito un misto di alcool e medicinali. L’otto aprile venne trovato senza vita nella sua casa di Seattle, dove si era suicidato il giorno 5. I Nirvana finirono per sempre. Kurt Cobain aveva ventisette anni, era nato infatti il 20 febbraio del 1967: due giorni dopo Roberto Baggio.

Il 17 luglio del 1994, allo stadio Rose Bowl di Pasadena, Italia e Brasile si giocano la quindicesima edizione del Campionato del mondo di calcio. Chi vince raggiunge il quarto titolo in assoluto, dove mai nessuno sino a quel momento si è spinto. Sono le dodici a Los Angeles, è metà luglio, ed evidentemente fa caldo. Lo stadio non ha la copertura, credo non piova molto lì. In compenso, non vedo un filo d’ombra per due ore di fila, tanto che alla fine mi sembra di essermi anche abbronzato di fronte alla tv. In queste condizioni, la partita non può essere, e non sarà, né spettacolare, né tecnicamente rilevante. Le squadre si presentano speculari, con il 4-4-2. Ma è il Brasile più arcigno ed utilitarista di sempre. Taffarel è il portiere. Difesa solida formata da Jorginho, presto sostituito dal grande Cafu, e Branco sulle fasce, Aldair e Marcio Santos centrali. A centrocampo troviamo una serie di mediani, efficaci ma tutta sostanza e poca fantasia, ovvero: Mauro Silva, Mazinho, Dunga e Zinho. Almeno in attacco si ricordano di essere brasiliani e schierano la splendida coppia Romario e Bebeto. Allena Carlos Parreira. Italia: Pagliuca; Mussi (infortunato e rilevato da Apolloni), Maldini, Baresi, Benarrivo; Berti, D. Baggio, Albertini, Donadoni; R. Baggio, Massaro.

I brasiliani sono in condizioni fisiche migliori. L’Italia gioca bene un tempo, poi più che altro tampona e si affida a giocate individuali. Baresi rientra dall’operazione al menisco ed offre una prestazione che rimarrà negli annali del calcio. Baggio, menomato fisicamente, purtroppo è l’ombra di sé stesso. Nel primo tempo Massaro ha sui piedi la palla del vantaggio, ma tira addosso al portiere. Nel prosieguo, il Brasile crea qualcosa di più. Sfiora il gol nella ripresa e nei supplementari con Bebeto e Romario. Colpisce anche un palo, su errore di Pagliuca, il quale poi per ringraziamento bacia il legno. Zero a zero. Ai rigori sbaglia Baresi, ma l’errore è subito rimediato da Pagliuca che intercetta il tiro di Marcio Santos. Il rigore di Romario tocca il palo ma entra, porcavacca. Quello di Massaro è parato. Quello di Roberto Baggio va alle stelle.

Ho visto un’intervista di Sacchi, rilasciata diversi anni dopo la finale, in cui esprime degli argomenti senza dubbio encomiabili. In breve, dice: va bene, abbiamo perso, ma contro una squadra che ha meritato. Ed aggiunge che, avendo una cultura sportiva, ritiene il secondo posto non come un’onta, ma come quello che realmente è, ovvero un ottimo risultato. Tutto vero, tutto bello. Quella sera però, quando uscii dal bar-pizzeria Vichingo di Crescentino (VC) dove avevo appena seguito l’incontro, e realizzai la calma che regnava fuori, e quindi presi davvero coscienza di quanto accaduto, ebbene, la differenza tra un primo ed un secondo posto mi sembrò l’abisso più grande che potesse aprirsi sull’orbe terracqueo. Chiuderò quell’abisso calcistico dodici anni dopo con il trionfo del 2006. Ma i diciassette anni sono passati. E un’epoca come quella del mondiale americano non ci sarà mai più.

Scriverà Fabrizio Bocca, dopo Germania – Brasile di quest’anno:

Ci sono certe partite che cambiano la storia del calcio. E ci sono certe partite che cambiano proprio la storia. Non c’è da meravigliarsene, il calcio è così: non è uno sport, è qualcosa che porti dentro, che ti segna, che incide sulla tua vita.

Prima e seconda parte dell’articolo.

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