Italia_Nigeria_Baggio_esulta[1]

1994 – When we were kings (II)

Procede il nostro viaggio nel cuore degli anni novanta e del mondiale americano. Entriamo adesso nella fase ad eliminazione diretta.

Italia – Nigeria e il mondo pre-digitale

Ai tempi del fascismo non sapevo di vivere ai tempi del fascismo.

Hans Magnus Enzensberger

Internet iniziò ad avere una diffusione di massa nella seconda metà degli anni novanta. Lo stesso può dirsi per i telefoni cellulari. Windows 95, il primo sistema operativo di grande successo della Microsoft, fu messo in commercio appunto nel 1995. Non serve risalire all’epoca delle carrozze: un’età senza internet è stata incredibilmente prossima a questa epoca. Sarà sempre più arduo immaginarlo. Però ci vivevamo agevolmente.

Fonte haidispicciare.blogspot.it

Fonte haidispicciare.blogspot.it

In genere si discuteva di persona, o al massimo al telefono. In tutte le case c’era il telefono fisso, però quando si voleva stare per i fatti propri, o si era in giro, c’erano le cabine. Andavano a monete o a scheda. Proprio sopra la fessura della scheda, per star comodi, c’era quel ripiano per appoggiarci sopra il gomito, così si poteva premere il viso sulla mano che reggeva la cornetta, e volendo anche la testa contro il vetro. Cabine ergonomiche. A volte scrivevamo addirittura le lettere, pensate un po’. C’era la tv, eventualmente con il televideo, la radio ed i giornali di carta, tutte cose che ci sono ancora adesso, ma allora erano gli unici strumenti a disposizione per sapere cosa avveniva sul pianeta. La musica si ascoltava con i cd, con le musicassette, al massimo ancora con i dischi. Per capire se un album era valido o meno, era necessario che qualcuno lo comprasse. C’erano le videocassette e le macchine fotografiche su pellicola, ormai reperti di un altro mondo. Senza farla troppo lunga: non c’erano tutte le opportunità di oggi. Ma ciò che mi colpisce maggiormente è come siamo stati l’ultima generazione del mondo occidentale a vivere coscientemente, seppur per un breve periodo, in una realtà pre-digitale. Senza immaginare minimamente cosa stava arrivando. Non lo sapevamo, ma eravamo gli ultimi dei mohicani.

A due minuti dalla fine dell’ottavo di finale contro la Nigeria, siamo fuori. L’Italia come al solito è partita con il piede giusto, ma a metà del primo tempo un pasticcio difensivo ha consegnato ad Amunike l’uno a zero. La Nigeria ha un ottimo tasso atletico e discrete doti tecniche, per quanto giochi piuttosto coperta e pronta al contropiede. All’inizio della ripresa Dino Baggio ha centrato il palo. Si gioca all’ora di pranzo ed a Boston fa un caldo tremendo. Il sole ha dato alla testa all’arbitro Brizio Carter, messicano, che intorno alla mezzora del secondo tempo ha espulso Zola senza motivo. Siamo in dieci e sulle gambe. Roberto Baggio non ne ha ancora azzeccata una. I nigeriani hanno ormai iniziato a fare i ganassa col pallone. Insomma, andiamo a questo benedetto ottantottesimo minuto. Donadoni lancia sulla destra Mussi, che vince un rimpallo in area e la dà al centro, leggermente arretrata. E lì c’è Roberto Baggio: si coordina e tira, di prima, con il destro. La palla rasoterra attraversa una nugolo di gambe, passa a fil di palo sulla destra del portiere e va ad infilarsi proprio in quell’unico pertugio dell’intero cosmo dove la sua presenza potesse assumere un significato divino. Rete! Meraviglioso.

Un gol enorme per il calcio azzurro. La svolta nel mondiale, poiché una volta raddrizzato quell’incontro, niente pare precluso alla squadra. Nei supplementari, seppur in inferiorità numerica, giochiamo solo noi. I nigeriani hanno smesso di fare i ganassa. Anzi, hanno smesso di fare qualsiasi cosa. Immagino (adesso, sul momento non proprio) il colpo e la delusione, anche perché un’occasione del genere chissà quando si sarebbe ripresentata. Baggio sale in cattedra. Lancia Benarrivo, interprete di una grande prestazione, e l’avversario lo stende. Rigore, gol ancora del divin codino, due a uno e passiamo noi. Una partita storica, storica.

Italia – Spagna e Barcellona

Well you can bump and grind
If it’s good for your mind
Well you can twist and shout
Let it all hang out
But you won’t fool the children of the revolution
No you won’t fool the children of the revolution

T. Rex, Children of the revolution

Negli anni novanta Barcellona era una città bellissima. Quanto l’abbiamo vissuta. Barcellona odorava di libertà e di cesso intasato, benché il Comune buttasse l’acqua per le strade due volte al giorno. Se non c’era qualcuno che ti ospitava, un tetto lo trovavi sempre nei numerosi ostelli economici del Barrio Gotico o di Escudellers. In Placa Gerorge Orwell e Placa Reial era giorno anche di notte. C’era la calma ed il silenzio del Montjuic, in pieno centro, con gli impianti olimpici e la vista su tutta la città. C’era il Parc de la Ciutadella, dove tutti erano fumati, e i suonatori di bongo erano a decine, e non si fermavano mai. Si mangiava in squallide e deliziose osterie del centro, c’erano i turisti normali che dicevano Gaudì che genio ma ci pensi com’era avanti coi tempi ed io lo odiavo, c’erano sostanze stupefacenti in abbondanza, c’erano bar con birra e tequila e sangria così economiche da meritarsi una denuncia, c’erano ragazze spettacolari nel fiore degli anni, e c’erano gruppi antifascisti, rivoluzionari, anarchici, punkabbestia, metallari, hippies fuori tempo, semplici capelloni, la gioventù d’Europa.

Fonte commons.wikimedia.org

Fonte commons.wikimedia.org

Ci siamo stati davvero in tanti a Barcellona in quegli anni. Anche a più riprese. Per alcuni era diventata più famigliare di Milano o Roma. E tutto sommato ci siamo divertiti. C’è chi si è fermato un po’ di più, chi ci ha passato la vita e chi ci è tornato con la famiglia e una pupa in braccio, stretta al proprio collo.

Italia – Spagna del 9 luglio 1994 è un’altra partita tremenda. Si gioca a Boston, dove fa caldo ma più di tutto c’è un’umidità terribile, tanto che si crea una sorta di nebbia. Comunque ricordo che faceva parecchio caldo pure qui da noi, in quei giorni. L’Italia schiera: Pagliuca; Tassotti, Maldini, Costacurta, Benarrivo; Conte, D. Baggio, Albertini, Donadoni; R. Baggio, Massaro. Sacchi cambia ancora la formazione ed inoltre azzecca di nuovo le sostituzioni nel corso della partita: Signori per Albertini e Berti per Conte. La Spagna non ha particolari fuoriclasse. Ma è una squadra ben attrezzata e con giocatori di esperienza internazionale. Gioca abbastanza chiusa.

Gli azzurri passano in vantaggio con un gran tiro da fuori di Dino Baggio, autore nel complesso di una partita superba. Nel primo tempo l’Italia merita il vantaggio. Nella ripresa gli spagnoli impattano con un tiro di Caminero deviato da Benarrivo. Sul finire dei regolamentari le furie rosse sembrano averne di più: Pagliuca salva su Salinas solo davanti alla porta; Costacurta devia un pallone sulla linea. Tassotti invece in spacca involontariamente il naso a Luis Enrique con il gomito. L’arbitro non lo vede e Tassotti la passa liscia. Ma gli spagnoli da allora ce lo ricordano ogni volta che li incrociamo su di un campo di calcio, un po’ come fanno gli anziani rimbambiti quando si fissano su qualcosa. A pochi minuti dai supplementari infiliamo il gol decisivo, in contropiede, ed ovviamente porta il nome Roberto Baggio. Berti lancia Signori, che libera al volo Baggio verso la porta difesa da Zubizarreta. Baggio scarta il portiere, pare allargarsi troppo sulla destra ma, mentre i difensori recuperano, con una torsione netta ed improvvisa la mette dentro. È così che andiamo in semifinale.

Alla prossima e ultima puntata. (Qui la prima parte).

Share Button

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>