Argentinian forward Claudio Caniggia (C)

Paisà contro.
Italia – Argentina ai mondiali (1990)

Dopo sedici anni, l’atto finale dell’epopea tra Italia ed Argentina avviene nel 1990. L’incontro vale la finale del mondiale. Del nostro mondiale.

Mondiali ’90: il disastro del San Paolo

Notti maaagicheee
inseguendo un gool
sotto il cielo di un’estate
italiannaaa
E negl’occhi tuoi
voglia di vincereee
unnestate
un’avventura in piuuu

Sì, un par di palle. Non la reggo quella canzone. Tutte le volte che la risento mi prende il magone. Dovrebbero vietarne la trasmissione.

Nonostante l’amaro in bocca che ci lasciò, Italia ’90 alla fine della fiera fu comunque una bella esperienza. L’Italia era il centro del mondo. La capitale era diventata Marino, sede del ritiro della nazionale. Non si parlava d’altro che dei mondiali. Mia moglie, che a mala pena sa in quanti si gioca a pallone, dice che all’epoca vide quasi tutte le partite della competizione. All’Olimpico, ad ogni incontro dell’Italia, c’erano ottantamila persone, ognuna delle quali sembrava avere una bandiera in mano. Quando sventolavano pareva un oceano in ebollizione. La canzone di cui sopra passava ad ogni istante, ovunque. E c’era pure quel pinocchietto veramente inquietante, con un pallone al posto della testa, senza occhi né bocca, che fungeva da mascotte della manifestazione. Ma sul momento si poteva accettare pure lui.

Gli azzurri in campo al San Paolo - fonte it.wikipedia.org

Gli azzurri in campo al San Paolo – fonte it.wikipedia.org

La conquista del titolo mondiale sembrava davvero lì ad un passo. La quarta coppa, più di tutti. L’Italia padrona del calcio mondiale. Nel mio paese, Crescentino, non ho mai visto tanti tricolori ai balconi come allora. Io avevo tredici anni. Ero già malato perso per il calcio anche se passavo il mio tempo a giocare a tennis. Sentivo parecchio la tensione delle partite. Prima dell’incontro con l’Argentina avevo comprato due videocassette, e chi è troppo giovane per ricordare cosa sono può cercarsi la spiegazione su wikipedia. Volevo registrare non solo la semifinale, ma anche la finale, convinto come ero del loro esito. Poi ci avrò messo sopra Rambo.

La semifinale Italia – Argentina, la nostra partita, fu all’epoca l’evento televisivo più seguito nella storia del Paese. Ancora adesso è rimasto tale. Si calcolarono in 27 milioni e mezzo gli spettatori, in media, e probabilmente furono anche molti di più. Non c’è niente da fare: il calcio può piacere o meno, ma sottovalutarne l’impatto storico, sociale e culturale che ha da circa cento anni è pressoché inutile.

Italia e la questione attacco

La nazionale punta esplicitamente al titolo ed è la prima favorita. Prepara il mondiale casalingo da almeno quattro anni, ovvero dalla deludente esperienza in Messico. La panchina è stata affidata ad Azeglio Vicini. Carriera da sempre nei ranghi della federazione, tecnico dell’under 21 vicecampione d’Europa nel 1986, Vicini fa un buon lavoro. L’Italia gioca un bell’europeo nel 1988, nel quale è sconfitta in semifinale dall’URSS. C’è una nuova nidiata di talenti pronta ad arrivare alla maturità proprio per il mondiale.

Azeglio Vicini - fonte calcioweb.eu

Azeglio Vicini – fonte calcioweb.eu

Quale Paese ospitante, l’Italia è qualificata direttamente al mondiale. Lo stesso vale per l’Argentina in quanto campione in carica. Nelle ultime sei partite prima della competizione iridata, però, non tutto fila per il verso giusto. L’Italia segna solo due reti. Forse c’è un problema in attacco.

Calcio e Italia, un binomio in quegli veramente d’acciaio. Il nostro è nettamente il campionato migliore al mondo. Nel 1990 le Coppe europee parlano tutte e tre italiano. Il Milan vince la Coppa campioni, la Sampdoria la Coppa delle coppe, la Juventus la Uefa, in finale contro la Fiorentina. Certo, ci sono quasi tutti i giocatori più forti in circolazione, ma all’epoca sono solo tre per squadra. Tutti gli altri sono italiani. Il Napoli è campione d’Italia sul Milan, non senza polemiche.

La formazione azzurra è schierata formalmente all’italiana, anche se la difesa di fatto si dispone a zona e dunque senza marcature fisse. Anzi, l’Italia, con i suoi due attaccanti, il regista, l’ala tornante, sarà una delle formazioni più offensive di un mondiale molto votato al difensivismo. È un 4-4-2 con il libero. L’Italia del 1990 è una buona squadra, ma non straordinaria. Per Gabriele Marcotti, giornalista, quella è stata la migliore Italia di sempre. Mah. Secondo me la migliore resta sempre quella di Argentina ’78. Sul numero due della rivista The Blizzard Marcotti ha scritto un bellissimo resoconto del campionato del mondo del ’90, visto attraverso i suoi occhi di, all’epoca, ragazzo.

Comunque, il portiere e la difesa sono granitici. Zenga è probabilmente il migliore al mondo nel suo ruolo. L’immenso Franco Baresi gioca come libero. Gli altri difensori sono Bergomi, Ferri e Paolo Maldini. Il centrocampo è buono, ma nulla di più. Ci sono De Napoli, Giannini e Donadoni, il più dotato. Si alternano per una maglia Ancelotti, che si fa male all’esordio, Berti e De Agostini. In attacco il problema riguarda il giocatore da affiancare a Vialli. Poi, nel corso del mondiale, il problema diventa Vialli stesso, fuori forma fisicamente e mentalmente. E qui la fortuna bacia l’Italia, donandole il giocatore che sarà il simbolo della competizione, l’uomo che ha ballato un’estate sola: Salvatore Schillaci, detto “Totò”. E in più, esplode l’astro di Roberto Baggio. In semifinale, però, Vicini rilancia Vialli e lascia Baggio in panchina. È stato visto come un gesto di riconoscenza verso un giocatore che l’ha sempre accompagnato nel corso della sua carriera azzurra, sin dall’under 21. Ma Vialli delude. Qui sotto lo schema della partita contro l’Argentina. Vialli e Giannini verranno sostituti da Serena e Baggio durante l’incontro.

L’Italia giunge in semifinale con cinque vittorie su cinque, e soprattutto senza aver preso nemmeno un gol. È pertanto nettamente favorita. Attenzione, però. Gli azzurri hanno affrontato squadre anche difficili, rognose, ma mai un avversario realmente arduo. Forse la squadra più forte incrociata è stata la Cecoslovacchia, nella fase a gironi, con entrambe le rappresentative già qualificate. Nell’occasione Baggio ha fatto un gol strepitoso. Agli ottavi l’Italia ha superato l’Uruguay. Ai quarti l’Eire, all’esordio mondiale. Una bella sorpresa, squadra coriacea e muscolare, ma dotata di un tasso tecnico abbastanza inferiore agli azzurri.

E proprio dopo la partita con l’Eire, Vicini dichiara:

Questa squadra, io ve lo ripeto, sta spendendo molto. Qualcuno dei ragazzi comincia ad essere stanco, io sono preoccupato.

Sarebbe forse il caso di provvedere.

Argentina sottovalutata

Sono due le amichevoli tra Italia e seleccion nel periodo che separa l’incontro messicano dalla semifinale in oggetto. Nel primo, 1987, l’Italia vince tre a uno e schiaccia gli avversari. Il secondo, fine ’89, è un pareggio zero a zero, interlocutorio e con poco gioco.

Nel periodo fra i due mondiali, l’Argentina vince appena sei partite su trenta. Gioca due edizioni della Coppa America, nel 1987 e nel 1989, parecchio anonime, la prima delle due in casa. Prima dell’esordio contro il Camerun, degli ultimi dieci incontri ne ha vinto soltanto uno. Un po’ poco. Non è quindi una squadra eccelsa quella che si presenta in Italia nel ’90, per quanto non manchino alcune potenzialità, fra le quali ovviamente Maradona. Ma il mondiale fa storia a sè. Secondo Mario Sconcerti, il mondiale è calcio concentrato. Sette partite al massimo, in un mese. Non è la normalità, è l’eccezione. Ma è il massimo del calcio. Aggiungo: è un po’ come quando si va fuori con la donna per un weekend e si passa quasi tutto il tempo a fare sesso. Non è la vita di tutti i giorni, ma è quello che si ricorda tutta la vita.

L’Argentina apre il mondiale quale detentrice del titolo, e subito è una grande sorpresa: viene sconfitta dal Camerun, futura squadra-rivelazione del mondiale. Lo sconcerto in patria è forte. Carlos Bilardo, il ct, riceve telefonate dal Presidente argentino, dal vice Presidente e dal capo dell’opposizione. Cambia allora metà squadra e si affida ai reduci del 1986. Inizia così un percorso veramente impegnativo, che avrebbe dovuto far riflettere chi, come il sottoscritto, dava già per spacciata l’Argentina in semifinale. Passa il girone eliminatorio come ripescata, eliminando l’URSS vice campione d’Europa. Agli ottavi trova il Brasile, che non era particolarmente efficace in quei mondiali, ma comunque di lì a quattro anni avrebbe vinto il titolo. Lo batte uno a zero, gol in contropiede nel finale. Ai quarti supera la Jugoslavia ai rigori, un osso duro, e su cosa era la Jugoslavia vale quanto sopra per le videocassette. In quell’incontro il portiere argentino respinge due tiri dal dischetto su cinque. Non è il titolare, ma sostituisce Pumpido, fuori per un grave infortunio occorso contro i sovietici. Si chiama Sergio Goycoechea e sarà lo Schillaci argentino.

La nazionale argentina si dispone con un 5-3-2 molto difensivo, diciamo pure tendente al catenaccio. La difesa è solida. Molti irridono la squadra, rimpinzata com’è di seconde linee dei campionati italiano e francese. Ma gioca quattro partite su cinque, prima della semifinale, in superiorità numerica, segno che non è sempre agevole contenerla quando riparte. Ed ha subito solo due gol. In avanti c’è ancora Diego Armando Maradona. L’idolo di Napoli. Non è più quello di quattro anni prima, soffre di problemi fisici, ma è pur sempre Maradona. Il suo compagno d’attacco è Caniggia. Ecco l’Argentina in campo nella semifinale, con Troglio e Batista che entreranno a partita in corso al posto di Calderon e Basualdo.

Napoli (e Verona), Italia

La partita è in programma allo stadio San Paolo di Napoli. Maradona la prepara così:

E allora io dico che incontrando l’ Italia a Napoli, i napoletani dovranno ricordarsi una cosa, cioè che l’Italia li fa sentire importanti un giorno solo all’anno e negli altri 364 si dimentica di loro. Io invece di loro mi ricordo sempre.

Potremmo obiettare sulla sincerità o la fondatezza di queste parole, non sulla loro efficacia. Giornali e televisioni ne danno particolare risalto. L’intenzione di non tifare la nazionale tra i napoletani non pare così peregrina. Maradona ha toccato le corde giuste, almeno nei confronti di una fascia di tifosi.

Fonte commons.wikimedia.org

Fonte commons.wikimedia.org

Quanto poi è accaduto realmente la sera della semifinale è difficile ricostruirlo. Di certo, l’Argentina e Diego non hanno ricevuto quella salve di fischi che li ha sempre accompagnati nel corso del mondiale italiano. Poco male. Possiamo chiederci se e quanto il mito di uno stadio pro Argentina sia stato alimentato in modo artificiale. Prima della partita, come scoop giornalistico. Dopo, per giustificare in parte la sconfitta. Ma qualcosa che non ha funzionato alla perfezione lì al San paolo c’è stato, è molto probabile. Troppe voci concordano che il sostegno del pubblico non sia stato compatto, unanime, caloroso come ci si potrebbe aspettare nel corso di una partita del genere in casa propria. Più che altro, è un clima quello che si è percepito.

Dirà Vicini dopo la partita:

Abbiamo sempre giocato per fare spettacolo, per la gente. Anche qui. E qui devo dire che sì, ci hanno applaudito… ma insomma, il tifo dell’Olimpico ci ha tenuto sempre su meglio, il pubblico romano è stato un’altra cosa.

E questa è una dichiarazione di Beppe Bergomi:

Entrammo in campo per il riscaldamento, sentimmo qualche applauso, ma anche una certa freddezza. Una parte dei tifosi era con l’Argentina di Diego, noi eravamo abituati al clima magico dell’Olimpico a Roma, una simbiosi con la gente che ci dava un’enorme fiducia e patimmo il contraccolpo.

Insomma, per la prima e credo unica volta nella storia dei mondiali, la squadra di casa non gode appieno del fattore campo. Non può confidare completamente sull’apporto che il tifo del proprio pubblico può darle. Questo avviene addirittura in una semifinale. È un fatto storico. E non riguarda solo il calcio.

Qualche mese prima, a Verona, era avvenuto pure di peggio. Nel corso dell’amichevole contro l’Uruguay, parte dei tifosi aveva fischiato l’inno ed insultato la nazionale. Ora, lungi da me ogni sorta di nazionalismo o di patriottismo. E, soprattutto, libertà di tifo, o di contestazione, o di disinteresse, sempre e dovunque. Ma qui, in questi episodi a Verona e a Napoli, non c’era alcunché di politico o di ideologico. Non c’era dietro un significato o un’idea, seppur vaga. Chi era andato allo stadio a fischiare la nazionale, o a tifare Argentina su invito di Maradona, lo aveva fatto perché era divertente, o appagante, o attirava l’attenzione, o sfogava qualche frustrazione, o assecondava una visione vagamente distorta della realtà. E nient’altro. Erano segnali, io credo, di un tessuto sociale e civile che si stava sfaldando. O che stava cambiando, se volete. In quale direzione, ognuno l’avrà valutato vivendo la storia dei vent’anni che sono seguiti.

Salvatore Schillaci - fonte it.wikipedia.org

Salvatore Schillaci – fonte it.wikipedia.org

La notte del 3 luglio 1990

Innanzitutto, una premessa indispensabile. L’incontro non sarà stato particolarmente avvincente, per quanto decisamente drammatico, e non avrà avuto elementi tecnici e tattici di eccessiva rilevanza. Ma Italia-Argentina del 3 luglio 1990 rappresenta uno snodo fondamentale nella storia del calcio. L’importanza è piuttosto sottovalutata nelle analisi correnti, però è tutta dentro i fatti. Da dodici anni la Coppa del Mondo viaggia sull’asse Buenos Aires – Roma. Le due nazionali dominano il calcio mondiale dalla fine degli anni settanta all’inizio dei novanta. Solo la Germania è riuscita a tenere il loro passo in quel periodo. Insieme, raccolgono cinque campionati mondiali. La vittoria finale significherebbe per l’Italia il record assoluto di vittorie; per l’Argentina, il terzo titolo negli ultimi quattro mondiali. Niente di tutto questo accadrà. Almeno per quella sera, però, è in palio la storia.

Veniamo alla partita. Sarà veramente una sfida molto tesa e rude, lottata su ogni pallone. Il primo pericolo lo crea l’Argentina, con un tiro di Burruchaga parato da Zenga. Ma l’Italia gestisce il gioco e al diciassettesimo è già in vantaggio. Schillaci recupera palla, poi si sviluppa un’azione davvero bella al centro: De Napoli, per Vialli, Giannini, ancora per Vialli, che tira. Goycoechea para, ma Schillaci, sempre lui, è in agguato e infila. Uno a zero, e chi in quel momento non ha pensato all’inizio di una goleada alzi la mano. Però l’Italia dopo il gol sembra afflosciarsi e aspettare troppo gli avversari. Non che l’Argentina crei però troppi pericoli.

Nella ripresa qualcosa comincia davvero a non tornare. Gli azzurri sembrano parecchio stanchi, ma Vicini non fa cambi. Forse il vero, unico errore del ct è stato quello: potevano essere utili forze fresche, soprattutto a metà campo. Anche se poi i cambi a disposizione erano non più di due all’epoca. Bilardo ha sostituito Calderon con Troglio. La manovra argentina diventa un po’ più dinamica, controlla maggiormente il centrocampo. L’Argentina lentamente avanza, l’Italia arretra. Olarticoechea ha una bella occasione, ben neutralizzata da Zenga; Caniggia ne ha una enorme, e un po’ spreca, un po’ salva la difesa.

Fase di gioco della semifinale - fonte storiedicalcio.altervista.org

Baresi e Caniggia in azione – fonte storiedicalcio.altervista.org

Al minuto sessantasette Olarticoechea, dalla sinistra, poco fuori dall’area, crossa quasi indisturbato. Più o meno al vertice dell’area piccola, Caniggia è proprio davanti a Ferri e Zenga. Ferri non interviene, Zenga non afferra la palla, Caniggia, girato di schiena rispetto alla porta, la sfiora appena. È sufficiente per mandarla in rete. Cazzo.

Nei minuti seguenti Vicini fa due cambi e getta nella mischia Serena e Baggio. Di fatto è un attacco a tre punte, ma è piuttosto tardi. Si va ai supplementari. L’Argentina ha già ottenuto molto e punta chiaramente ai rigori, l’Italia prova a sparare le ultime cartucce. Nel primo supplementare, gli azzurri possono contare su tre punizioni da posizione pericolosa. Una di queste, tirata magistralmente da Baggio, è tolta quasi all’angolino da Goycoechea. Poi l’espulsione di Giusti, reo di un colpo al viso a Baggio, scatena infinite e plateali proteste degli argentini. Il primo tempo supplementare dura quasi 23 minuti perché l’arbitro si dimentica a lungo di fischiare il cambio campo. Anche il direttore di gara evidentemente patisce l’enorme tensione. Ma nel secondo tempo supplementare accade poco o nulla.

Ai rigori inizia a tirare l’Italia. Baresi segna. Serrizuela per l’Argentina segna: è centrale, Zenga ha toccato, ma non basta. Roberto Baggio segna, e il portiere quasi la prende. Poi segnano Burruchaga, De Agostini e Olarticoechea. Tre a Tre. Tocca a Donadoni. È piuttosto affaticato. Tira neanche troppo male, angolato, ma a mezza altezza. Goycoechea para. È il turno allora di Maradona, che spiazza Zenga con un raso terra. Si fa davvero dura. Va quindi sul dischetto Serena. Tira piuttosto centrale, e Goycoechea para nuovamente. Finita. L’Argentina è in finale, l’Italia fuori. Stento a credere che sia accaduto veramente. Anche al risveglio del giorno seguente il mio primo pensiero sarà di avere avuto un incubo.

La festa argentina - fonte ole.com.ar

La festa argentina – fonte ole.com.ar

Epilogo

Per la prima volta l’atto conclusivo di un mondiale ha gli stessi protagonisti del precedente: Argentina e Germania, “occidentale” per l’ultima volta. La finale del mondiale 1990 è un partita noiosa e francamente brutta. Entrambe le squadre hanno chiuso le semifinali ai rigori e sono fisicamente agli sgoccioli. L’Argentina, priva di quattro giocatori squalificati e in dieci per buona parte della ripresa, tiene testa alla Germania fin verso la fine. Dal canto loro, i tedeschi fanno ben poco per impensierire gli avversari. A pochi minuti dal fischio finale, l’arbitro assegna un rigore molto contestato. Bhreme lo realizza magistralmente, benché Goycochea quasi sfiori la palla, e consegna così il titolo alla Germania. Maradona termina in lacrime.

La frustrazione italiana è enorme. Come ho già scritto nella prima puntata della serie, l’eliminazione ai rigori in semifinale nei mondiali del ’90 è a mio parere la più grande delusione nella storia del calcio nazionale. Il nostro maracanazo. Il pubblico dell’Olimpico prima della finale fischia sonoramente l’inno della squadra che ci ha appena eliminati. Brutto gesto. Che dovevano fare, lasciarci vincere per non rovinarci la festa? Maradona risponde con un reiterato hijos de puta in mondovisione. Addirittura al ritorno in Argentina, ricevuti al palazzo presidenziale, i giocatori della seleccion guidano la folla al coro di chi non salta italiano è. Si vede pure questa.

Ci lasciamo così, come dei parenti che hanno litigato e che hanno tagliato i rapporti. Il primo ciclo glorioso delle sfide Italia – Argentina si chiude. Ad oggi, l’Argentina non è mai più entrata fra le prime quattro al mondo. Noi abbiamo fatto decisamente meglio. Un mondiale l’abbiamo vinto, nel 2006, ma dopo essere passati da altre due sconfitte ai rigori, una delle quali in finale. Ma anche quando abbiamo vinto, l’abbiamo fatto ai rigori. Aspettiamo, allora. Prima o poi ci rivedremo con gli argentini su un campo di pallone  a giocarci i mondiali. Sarà come riallacciare i rapporti. E torneremo a scrivere la storia del calcio con i nostri tremendi, meravigliosi paisà d’oltreoceano.

03.07.90  (20.00) Napoli, Stadio San Paolo
ARGENTINA-ITALIA 1-1  d.t.s.;  5-4  d.c.r.
Reti: 0:1 Schilacci (17), 1:1 Caniggia (67) Sequenza Rigori: 0:1 F. Baresi, 1:1 Serrizuela, 1:2 R. Baggio, 2:2 Burruchaga, 2:3 De Agostini, 3:3 Olarticoechea 3:3 Donadoni (parato), 4:3 Maradona, 4:3 Serena (parato)
Argentina: Goycoechea, Giusti, Serrizuela, Simon, Ruggeri, Olarticoechea, Burruchaga, Calderon (46 Troglio), Basualdo (99 Batista), Maradona (c), Caniggia
Italia: Zenga, Bergomi (c), F. Baresi, Ferri, Maldini, Donadoni, De Napoli, Giannini (75 R. Baggio), De Agostini, Vialli (71 Serena), Schillaci
Arbitro: Vautrot (Francia)

Link ai video dell’incontro

Primo tempo (sintesi): http://www.youtube.com/watch?v=gAMsw7Si_A8

Secondo tempo (sintesi): http://www.youtube.com/watch?v=ZvRpbmskM7c

Supplementari (sintesi): http://www.youtube.com/watch?v=8mL89hT-XgU

Rigori: http://www.youtube.com/watch?v=PI3l06OcKFM

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4 commenti
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  2. Questa leggenda metropolitana del S.Paolo pro Argentina deve essere sradicata, perchè ha l’effetto di alimentare un certo razzismo anti-napoletano che sta raggiungendo i livelli di guardia, e ci è già scappato il morto.

    Io c’ero, e posso dire che il S.Paolo tifò compatto per l’Italia. C’erano tantissimi argentini, che pure si fecero sentire. L’unica differenza con Roma fu l’assenza di un “tifo contro”, gli argentini furono trattati con sportività e rispetto dai campani, per ovvie ragioni. E questo è quanto. Ma in Italia, dove siamo abituati agli alibi ed alle scusanti, la responsabilità dell’eliminazione contro una ABBORDABILISSIMA Argentina non sono relative alla papera di Zenga, nè all’incredibile decisione da parte del Ct di lasciare in panchina Baggio a favore di un Vialli ancora febbricitante (!), ma bensì a carico della tifoseria… ma la vogliamo smettere?

  3. La leggenda metropolitana del pubblico del San Paolo che tifò Argentina in quella famosa semifinale del luglio del ’90, è uno dei più grandi falsi storici ed una delle più grande ingiustizie perpetuate verso i tifosi partenopei. A chi ha sempre voluto trovare un’IGNOBILE giustificazione ad una sconfitta che maturò sul campo, voglio ricordare che non si può certo incolpare i sostenitori se l’allenatore impostò malissimo quella gara, se la squadra giocò male, se Walter Zenga, impeccabile fino a quel momento, incappò in un’uscita oscena e se Serena calciò un rigore ai limiti dell’ inguardabilità. E’ vero che l’Italia fino a quel momento aveva sempre vinto con facilità e senza subire nemmeno un gol, ma è anche vero che l’Argentina (malgrado avesse giocato in quel mondiale in maniera non impeccabile) era molto più forte delle altre squadre incontrate prima e che per batterla bisognava disputare una grande partita, che purtroppo non ci fu: l’Italia era sottotono, intimorita, difensivista, dentro di sè i suoi giocatori sapevano che un Maradona anche acciaccato poteva costituire comunque una grande insidia. La verità è che l’Italia era già data per vincitrice e si doveva trovare il capro espiatorio: Maradona era odiato da tutti perché aveva fatto vincere il Napoli (la “fogna d’Italia”) e aveva spezzato il monopolio delle squadre del Nord. Quindi niente di più facile che dare addosso proprio a quella tifoseria, che in massa aveva tradito il suo re (che fu anche fischiato quando calciò il rigore) e aveva tifato compatta per Italia. La realtà è questa e chiunque ancor oggi tenda a negarla è solo in malafede. Il compianto Vicini invece di parlare della “freddezza dei napoletani” avrebbe potuto far marcare Maradona da Ciro Ferrara (allora suo compagno di squadra che conosceva alla perfezione le mosse del Pibe) e schierare Roby Baggio dal primo minuto. Invece niente, nessun cambio fin quasi allo scadere dei regolamentari. E andò come andò, con il portiere (in serata no) che non riuscì ad intercettare due rigori centralissimi che Buffon avrebbe parato ad occhi chiusi. Quindi accusarci di cosa? Di non aver fischiato l’inno argentino? Perché fischiare gli inni nazionali è cosa corretta?Quanto ai supplementari, se non ci fu quel tifo urlato e sfegatato, ciò fu dovuto solo al fatto che la gente era impaurita da come si stava mettendo la partita. Tutto qui. E se proprio volete saperlo, cari detrattori, la disaffezione del pubblico napoletano nei confronti della nazionale italiana è nata proprio dopo quella maledetta partita, che ancora maledico sia stata fatta giocare a Napoli. Gli argentini erano dei professionisti e non potevano certo perdere per farci un piacere. Forse sopravvalutarono gli Italiani: non arrivarono ad immaginare che per loro, e soprattutto per Diego, sarebbe stato meglio uscire sconfitti da quella partita, visto e considerato il modo vergognoso con cui fecero loro perdere la finale. Quello sarà l’inizio della debacle di Maradona in Italia: da allora verrà crocifisso come il demone sceso in terra (chissà perché il test antidoping fu effettuato poco dopo quel mondiale, quando era risaputo da tempo che egli facesse uso di cocaina) e Napoli come la città ingrata che tradì il suo Paese. Che schifo! Da napoletana mi aspetterei ancora le scuse. ma tanto so che non arriveranno mai.

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